Note di regia di "Noi siamo Alitalia - Storia
di un paese che non sa piu' volare"
Cercare di capire può essere il gesto più rivoluzionario? Quando Alessandro mi ha proposto un documentario su Alitalia, credo di avere sbuffato: “Ancora con questi privilegiati?”. Poi, per liberarmi della sua insistenza, mi sono sforzato di capire. Non tutto, almeno qualcosa, anche solo per motivare il mio “no”. Ma, intanto, senza che me ne rendessi conto, era cominciata l’avventura. Acquisivo consapevolezza che il fatto di non avere capito niente era stato perfettamente funzionale alla mia adesione alla “narrazione dei privilegiati”. La mia “non comprensione” era stata la rotella di un meccanismo. E più mi sforzavo di capire, più quella narrazione, che oggi non esito a definire “criminale”, si sfaldava. Non restava niente, e da quel vuoto mi apparivano solo i volti di chi, quella vicenda, l’ha vissuta dall’interno. Mi arrivavano le loro voci, la loro disperazione sempre dignitosa, i loro sguardi. Mi arrivava l’amore che, nonostante tutto, ancora usciva dalle loro parole. Amore per cosa? Amore per un’azienda che non era solo un’azienda, ma era anche un mito. Mi tornava alla memoria l’emozione che, ragazzino, provai quando salii per la prima volta su un aereo Alitalia. Il sorriso della hostess, l’orgoglio di essere su quell’aereo, il mio fare finta di esserci abituato, anche se era la prima volta e non sapevo niente di quello che dovevo fare, non sapevo nemmeno come allacciare la cintura, ma cercavo di guardare come facevano gli altri per camuffare la mia inesperienza. Perché viaggiare Alitalia era un valore. Era una cosa che ti faceva sentire figo. Era bello e rassicurante. Forse sto per usare parole che non sono tanto attuali, ma chi se ne importa: per me capire, a questo punto, era un vero dovere morale. Perché quel sogno è finito? Era necessaria la sua fine? Era inevitabile? Vorrei che questo lavoro facesse fare a tutti il cammino che mi ha costretto a fare e a tutti dicesse: “fermati, cerca, prima di tutto, di liberarti di quello che ti hanno raccontato, cerca di capire. Poi il tuo pensiero potrà formarsi, ma, a quel punto, potrà farlo davvero con tutta la libertà che alla tua persona spetta di diritto”. Insomma, si tratta solo di capire. Se poi cercare di capire significa essere rivoluzionari... E va be’, lo saremo.
Filippo Soldi