Note di regia di "So(g)no"
Pietro passa le sue giornate chiuso in una stanza da letto senza essere in grado di uscirne fuori. Gli oggetti presenti nella stanza evocano scorsi di ricordi: un libro appartenuto a sua madre, pile di scatoloni disordinati, un altro sé che dorme nel letto accanto a lui. Il disturbo dissociativo trasforma Pietro in un osservatore esterno della propria persona. La camera, metafora nel suo stato mentale alterato, è una prigione fatta si sogni, incubi e ricordi. Le visioni rivelano un doloroso trauma infantile, represso e vissuto attraverso uno stato onirico e allucinatorio. Questo viene presentato allo spettatore tramite frammenti di immagini come se fossero esattamente frammenti di sogno o ricordo: una collina gialla, la madre che piange e un sé stesso bambino che scompare dietro il colle a mano di un uomo dalle strane e inquietanti intenzioni. Il Cortometraggio nasce da immagini precise e nitide, con definite sfumature di colore. Da tempo avevo in mente l’immagine di una collina gialla, di un uomo e di un bambino. Sentivo che questi tre elementi erano collegati tra loro, avevo un presagio: sulla collina doveva accadere qualcosa di ingiustificabile e orribile. La salute mentale è un diritto di tutti. Molti problemi legati a disturbi mentali vengono spesso sottovalutati o non affrontati, soprattutto nel periodo dell’infanzia dell’individuo. Proprio per questo il lavoro del genitore è un lavoro complesso e delicato, più di quanto si immagini. Quando non si dà il giusto peso a determinati eventi, a dinamiche sottili dello sviluppo infantile, quando, in qualità di genitori, non si interviene nel momento opportuno nell’aiutare il proprio figlio, si rischia di devastare una vita per sempre. I ricordi sono una fonte preziosa per l’essere umano, ma quando i ricordi sono traumi, la fonte dalla quale attingiamo può diventare distruttiva.
Martina Mele