Note di regia di "Kurdbun - Essere Curdo"
Sono stato contattato dalla giornalista Berfin Kar (pseudonimo). Mi ha chiesto di visionare i rushes che lei e il suo cameraman hanno girato durante l’assedio di una città curda in Turchia, Cizre, e di dare un parere. Dopo poche immagini di quel documento ho accettato di farne un film. La giornalista è attualmente in Turchia in attesa di processo per aver fatto il suo mestiere di reporter durante l’assedio. Il girato di Berfin è veramente impressionante. Raccontare giorno per giorno l’assedio di una città da dentro, accanto agli abitanti in attesa dell’arrivo della tempesta, vedere i carri armati schierarsi sulle colline che si preparano per sferrare l’attacco, vivere giorno e notte sotto i bombardamenti a tappeto, dà un valore inestimabile al lavoro incredibilmente coraggioso di Berfin e offre un’esperienza unica allo spettatore. La camera di Berfin registra i momenti di una guerra drammatica contro i civili indifesi che mai nessun film di finzione è riuscito a descrivere. Vedere il crollo di un palazzo con gli abitanti dentro da pochi metri di distanza, i cecchini che colpiscono, invisibili, alla cieca, anziani, donne, bambini, è devastante. Vedere l’immenso dolore e la resistenza di un popolo che accetta la morte ma non si inchina, riempie il cuore di ogni spettatore di dolore e nello stesso tempo di orgoglio. Uno degli aspetti più impressionanti per me era la somiglianza della guerra di Cizre con la mia esperienza personale a Sna (città dell’Iran occidentale) 38 anni fa, quando l’esercito iraniano ha assediato la città indifesa e l’ha bombardata per più di 30 giorni solo perché gli abitanti avevano deciso di non accettare il regime di Khomeini. Io avevo 8 anni e con la mia famiglia ho vissuto in un sotterraneo senza acqua e cibo per l’intera durata della guerra. Nel viso dei bambini terrorizzati di Cizre ho visto me stesso, nel pianto dei padri sui cadaveri dei figli adolescenti uccisi dai cecchini ho rivissuto il pianto di mio padre e nei volti orgogliosi delle donne di Cizre, che sono state la spina dorsale della resistenza, ho ritrovato il viso di mia madre che era pronta a morire, ma non ad accettare l’ingiustizia. Questa è l’esperienza comune di ogni Curdo delle quattro zone del Kurdistan. La storia del Kurdistan coincide con quello che è successo a Sna 38 anni fa e poi a Cizre 5 anni fa, non si tratta di due episodi singoli ma solo due esempi di quello che si ripete da più di 90 anni in tutta la regione. L’elenco delle città distrutte dagli eserciti nazionali è lunghissimo, ma ne nomino solo alcune, più conosciute dal pubblico occidentale: il massacro di Dersim e quello di Dyarbakr in Turchia, il massacro di Qmishli in Siria, il genocidio di Halabja, l’operazione Al Anfal a Kirkuk e quello di Barzan e Dohuk e Shengal in Iraq. Il massacro di Qarna, la guerra di Saqez, Sna, Mohabad e il massacro di Paveh in Iran.... Allora ho deciso di partire dal documento di Berfin per denunciare un incredibile crimine contro l’umanità, ma anche per ricostruire un pezzo della memoria comune di un popolo perseguitato. Ho pensato di scrivere un diario esistenziale e ideologico che riflettesse la coscienza individuale e la consapevolezza che ogni Curdo ha della propria storia e identità e tramite questo non solo commentare l’esperienza drammatica di Berfin, ma anche raccontare la storia moderna di un popolo diviso e perseguitato. Le immagini entrano nell’intimità – quotidiana e della memoria – dei personaggi e garantiscono allo spettatore l’autenticità assoluta della testimonianza e del racconto. I materiali d’archivio, ‘rubati’ durante l’assedio e altri, sono montati come brevi sequenze della guerra quotidiana che appartiene alla storia contemporanea curda, ma appartiene anche alla storia di tutta l’umanità. Il lavoro fondamentale è stato unificare le due linee narrative del film in un corpo unico.
FARIBORZ KAMKARI