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QUANDO TU SEI VICINO A ME - Comunicare è vitale


Intervista alla regista del documentario su una comunità di persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali


QUANDO TU SEI VICINO A ME - Comunicare è vitale
Laura Viezzoli è in tour in Italia per presentare al pubblico il suo ultimo documentario, "Quando tu sei vicino a me", viaggio in una comunità di persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali, ospiti della Lega del Filo d’Oro.

Questo lavoro si lega in qualche modo al tuo precedente, "La natura delle cose".

In un certo senso sì, il filo conduttore è la mia curiosità rispetto alle modalità di comunicazione umana estreme, fuori dai canoni, straordinarie.
C'è anche sempre un discorso della disabilità, prima sulla SLA qui invece su molteplici forme, in particolare sensoriali: quello che trovo estremamente affascinante è il modo in cui le persone escono dal proprio guscio ed entrano in contatto con gli altri.
Ho vissuto per un anno con loro e ho scoperto che ci sono linguaggi e metodi di comunicazione che non ci immaginiamo: il verbale è il meno usato, si usano tatto, contatto, segni, oggetti e soprattutto la prossimità, che è un aspetto della nostra vita che abbiamo un po' dimenticato, specie dopo il lockdown (anche se questo progetto è nato prima).
Alcuni hanno definito "Quando tu sei vicino a me" un film di fantascienza retrò, perché descrive un luogo vicino ma alieno: l'ho trovato molto interessante.

Era una realtà che conoscevi già? Come ti sei posta affrontando questo progetto?

Avevo già avuto un'esperienza da ragazza come volontaria lì, poi ho anche seguito un corso di formazione di alcuni giorni quindi sapevo cosa mi attendeva.
Vedo questo film anche come un progetto dedicato al lavoro, alle operatrici che lavorano 6 ore al giorno, sei giorni la settimana, e sono la connessione con il mondo per i pazienti. Questo è un luogo dove c'è una umanità che non può essere virtuale, fredda o ipocrita, specie per i casi più complessi devi conoscerli molto bene, devi conoscere l'altro.
Sono stata tre mesi abbondanti a frequentare il posto in pura osservazione, per conoscere le varie realtà, mi sono presa il tempo per scoprire il luogo e ho scelto i 7 protagonisti (è stata la cosa più complessa). Mi è servito tanto tempo, serviva fiducia e poteva arrivare solo da relazioni nate nel tempo.
Sono tutti non vedenti, quindi li avvisavo sempre quando iniziavo a girare ed erano sempre consapevoli che c'ero: ho messo a inizio documentario la scena in cui chiedo il permesso, volevo che lo spettatore sapesse.

Quali sono state le difficoltà principali per te?

La principale complessità, che non immaginavo, è quella di fare un film corale a prescindere dalle disabilità, pensavo fosse più semplice invece devi stare sempre sul pezzo, evitare di "perdere" qualcuno, fare in modo che nessuno "schiacciasse" l'altro. Più li conoscevo più cercavo di trovare per ognuno i momenti in cui tirare fuori la loro personalità, è un film sulla diversità di ognuno di noi.
Il montaggio è stato approcciato a fasi, alternato alle riprese, e questo mi aiutava a cercare cosa mancava, di volta in volta. Invece sul piano fotografico-stilistico ho cercato quando possibile di avere piani sequenza per rispettare il tempo in cui vivono, poi volevo uno sguardo sempre alla stessa altezza, niente di espressionista ma con la camera fissa frontale, per mettersi di fronte a persone che a volte fanno paura solo perché sono diverse.

Lo hai mostrato a loro? Come hanno reagito? E il pubblico che stai incontrando che cosa ti dice?

Intanto va detto che hanno in parte contribuito loro stessi. Paola ad esempio è stata vedente, era importante che lei restituisse la sua visione e quindi nel documentario le chiedo di dirmi che immagini e che colori vorrebbe associare ad alcuni momenti. Angelo è invece un cinefilo a tutto tondo, è amante del cinema e ha visto moltisismi film, specie della commedia all'italiana: mi ha influenzato, mi ha aiutato a scrivere, ho cercato di ricostruire un po' quel genere lì.
La restituzione a loro come spettatori l'abbiamo fatta, è stata una proiezione molto faticosa e molto bella, di gruppo, in cui ho dovuto fare sul momento anche l'audiodescrizione di ciò che si vedeva.
Il pubblico a cui lo sto mostrando in questo tour è fatto per lo più da cinefili o da persone legate al mondo educativo, interessa molto agli insegnanti perché si parla di cosa significhi educare ed educarsi. Poi qualche genitore ha portato i bambini: a loro è molto piaciuto, sono rimasti molto incuriositi.

26/05/2022, 11:26

Carlo Griseri