Note di regia di "Quando tu sei vicino a me"
Nel mio precedente documentario, La natura delle cose , ho avuto l’occasione di conoscere e frequentare per un certo tempo un uomo malato terminale di Sla, un filosofo e teologo reso completamente immobile dalla malattia, la cui unica ancora di salvezza risiedeva nella possibilità di usare il movimento degli occhi per comunicare attraverso un sistema di decriptazione tecnologico: muovendo gli occhi, Angelo Santagostino riusciva a cliccare a distanza le lettere corrispondenti al messaggio che voleva esprimere. Il film esplorava il bisogno di comunicare come ultima esigenza di vita, come confine tra vivibile e invivibile. Il viaggio compiuto assieme ad Angelo mi ha spinto ad approfondire il tema e a spingere la ricerca sul senso e sul bisogno di comunicare presente in ogni essere umano: in questa nostra vita terrena e quotidiana, qual è il valore della comunicazione e del comunicare? “È impossibile non comunicare. In qualsiasi tipo di interazione tra persone, anche il semplice guardarsi negli occhi, si sta sempre comunicando qualche cosa all’altro”.
Questo è il primo assioma della comunicazione elaborato da Paul Watzlawick, uno dei maggiori esponenti della Scuola di Paolo Alto intorno agli anni ‘60. L’impossibilità umana a non comunicare viene considerata da quel momento in poi una verità inconfutabile, diventando il punto di partenza per un gran numero di studi sul linguaggio e le relazioni umane. Ma, al di là degli effetti che ha avuto nel mondo accademico, la verità di Watzlawick appartiene all’esperienza e alla quotidianità di ognuno di noi, sin dai primissimi istanti di vita. Siamo esseri comunicanti, che lo vogliamo o no. Ma l’assioma contiene anche un’altra verità: la comunicazione esiste se c’è interazione tra almeno due persone, in altre parole se si percepisce la presenza, o l’assenza, dell’altro. Cosa succede dunque all’assioma di Watzlawick se le persone in questione sono prive di vista e di udito, e se oltre alla minorazione visiva e uditiva portano con sé altre minorazioni intellettive o fisiche? Non poter vedere, parlare, sentire, non poter percepire l’altro attraverso i due più importanti sensi umani cioè la vista e l’udito, sono le premesse per uno stato di isolamento assoluto. Che senso può avere un film per una persona cieca o sordocieca? Quando tu sei vicino a me parte da queste premesse e interrogativi per andare a esplorare la straordinaria quotidianità comunicativa di un gruppo di persone con sordocecità e pluriminorazione psicosensoriale che vivono insieme da molti anni sulle colline marchigiane, ospiti della Lega del Filo d’Oro.
Utilizzando numerosi linguaggi, tra cui il verbale è solo uno dei tanti, in questo microcosmo multilinguistico le persone per interagire devono innanzitutto conoscersi e in secondo luogo condividere uno stesso spazio: essere vicini, a distanza di “mano”, dal momento che la maggior parte delle forme di comunicazione da loro usate passano attraverso il tatto e il contatto. In quest’epoca fatta di comunicazione a distanza, virtualità e iperconnessione, protagonista è un microcosmo dove il deficit visivo, uditivo, spesso intellettivo e fisico, obbliga a una comunicazione basata su due modalità che nel mondo contemporaneo sembrano in via di estinzione: la conoscenza dell’altro e la prossimità fisica. L’obiettivo è far entrare lo spettatore in un mondo diverso e lontano dal proprio quotidiano, dove la cosiddetta disabilità grave diventa condizione per abilità comunicative fuori dal comune. Il desiderio è quello di provocare non solo un ribaltamento delle canoniche definizioni di abilità e disabilità, normalità e diversità, ma di spingere lo spettare a chiedersi: e io, sono ancora in grado di comunicare, di conoscere l’altro, di entrare in contatto? In che modo? Con chi?
Quando tu sei vicino a me è un percorso per osservare e ascoltare, attraverso uno sguardo a tratti faticoso ma liberatorio, la realtà così com’è, nella sua semplicità e nella sua straordinarietà; per mettere in discussione i concetti di normalità e diversità, ma anche il senso stesso del vedere e del sentire. È un film sulla prossimità, sul tempo, sui sensi e sulla diversità: quella che appartiene ad ognuno di noi.
Laura Viezzoli