Note di regia di "Il Canto delle Cicale"
Insieme al nonno, da piccola, sotto l’albero di castagno di Borello, osservavamo la bellezza.
La bellezza delle immense code che fanno le formiche quando trovano un ostacolo, si spostano, contornano la foglia lungo il perimetro e passano oltre.
La bellezza del profumo di lavanda che diventa più intenso nei giorni più caldi.
Ascoltare il rumore dei passi del merlo mentre saltella sulle foglie secche in autunno.
Il nonno mi faceva toccare le foglie della salvia perché rimanesse il profumo sulle dita, prima di addormentarmi.
Calmava la mia fretta, mi esortava a rispettare i cicli naturali dell’evolversi delle cose.
Non sapevo che, un giorno, la bellezza che mi è stata insegnata sotto il castagno mi avrebbe dato la forza per continuare a vivere.
Mia mamma si chiama Anna Maria.
La nostra storia è solo una delle tante storie di persone che, durante la pandemia, hanno vissuto dentro bolle isolate.
Non è la storia delle RSA, non è la storia dei vecchi, dei disabili, o delle persone sfiorite. Perché quelle sono definizioni superficiali. E non ci saranno mai persone che, solo perché hanno due gambe e due braccia, saranno più felici, o più profonde. Questa è una delle poche certezze che mi sono rimaste. Ci saranno invece sempre storie da rispettare e raccontare, cogliendone il valore, e da non dimenticare.
Questa è una delle tante storie di lotta, la storia del filo che unisce nonostante tutto le persone. Indissolubilmente.
Un esempio, che parla silenziosamente anche di tutte le altre.
Non avrei mai pensato di scrivere in prima persona e di avere il forte bisogno di raccontare con la mia voce.
Con questo lavoro ho scoperto la mia voce, mi sono ascoltata. Mi sono accorta che non l’avevo mai fatto.
Paolo Petrosino mi ha aiutato ad incanalarla, a toglierle le spigolosità. A lasciarla andare.
Da un anno esatto lavoro tutti i giorni al film, eppure non sono mai stata così veloce nel realizzare un mio lavoro.
Questo è un film molto importante per me: sono gli ultimi giorni in cui mia mamma ha vissuto su questa terra.
È importante anche perché è stato realizzato insieme alle persone che mi sono state accanto umanamente e professionalmente.
Marianna nella fase della scrittura, Alina nella fase del montaggio.
Mi hanno aiutato a riordinare i pensieri, a dar valore a sentimenti confusi e dolorosi.
Un lavoro e un regalo enorme.
Nei momenti in cui non trovavo il senso delle cose, Marianna mi incoraggiava a continuare.
Christian, Alice, Nadia, Stefano, amici di lunga data, mi hanno aiutato a spolverare gli angoli bui, di cui avevo più paura.
Marco ha composto le musiche. Alcune sono state scritte per il film di Joyce Lussu: sono musiche per me molto importanti, per la bellezza che trasmettono, ma perché per me sono diventate un simbolo.
A mia mamma, che è stata in coma varie settimane, le facevo ascoltare in cuffia. Il sue corpo era completamente immobile, ma le palpitazioni aumentavano. Le musiche di Marco mi hanno cioè aiutato a comunicare con lei. Ho capito cosa s’intende quando si parla del valore inestimabile dell’arte.
Diego ha lavorato sul design del suono, unendolo al sentimento. Diego fa parlare i suoni che non hanno più funzione solo di suono: diventano onomatopea.
Anna Maria mi ha insegnato che nelle situazioni orribili, quando non si può far nulla, bisogna cambiare la prospettiva. Ci provo, provo dar voce a quello che è successo.
Marcella Piccinini