Note di regia di "Margini"
Avete presente quando si torna da un concerto con ancora tutto il casino in testa? Noi si tornava da Roma, da Firenze, da Bologna ancora carichi dalla sera prima, per il pogo e per la band che aveva suonato e non vedevamo l’ora di chiuderci in sala prove per scrivere quel nuovo pezzo di cui s’era chiacchierato in viaggio. Eravamo sempre a mille. Poi si scendeva dal treno, uscivamo nel piazzale della stazione di Grosseto e intorno a noi, lì, a casa nostra, c’era quella strana, disturbante, tranquillità. E la sensazione che non sarebbe mai successo niente. Ecco, abbiamo sempre percepito quel momento come un cortocircuito, una collisione di mondi, una situazione che ci faceva sentire fuori luogo, consolato solo dalla consapevolezza che prima o poi, da quel posto, ce ne saremmo andati. Questo è stato il punk per noi. La provincia aveva deciso che non saremmo stati i punk ribelli, i duri di strada di Londra, New York o Berlino. Quelli andavano bene per le nostre t-shirt, per le copertine dei dischi che compravamo, per i poster che riempivano le nostre camere. Noi sapevamo che non saremmo mai diventati in quel modo, e in qualche maniera la cosa c’andava bene. Abbiamo visto in questo spiraglio un potenziale narrativo enorme: da un lato è l’occasione per parlare della nostra generazione attraverso uno sguardo inedito. Dall’altro c’è la provincia, con tutto il suo enorme coefficiente di immedesimazione e la sua poetica. E, soprattutto, c’è il contrasto fra queste due dimensioni. Un contrasto che c’ha sempre fatto tanto ridere. Ecco, Margini è la storia di questo contrasto.
Niccolò Falsetti, Francesco Turbanti