Note di regia di "Corpo libero"
Corpo Libero è un thriller e allo stesso tempo una fiaba moderna sulla ricerca ossessiva della perfezione, fisica e mentale, e dell’eterna giovinezza. Il racconto ha come arena principale il mondo claustrofobico di un torneo di ginnastica artistica e si svolge nel corso di una settimana in Abruzzo. Il nostro approccio alla regia - dalla fase del casting sino alla messa in scena - è stato influenzato dall’esperienza ventennale nel mondo del documentario e in quello del montaggio. Dopo aver fatto nostre le sceneggiature, una delle prime sfide è stata quella di cercare, tra le atlete di ginnastica artistica campana, cinque giovani ragazze che potessero diventare le nostre protagoniste. Ci siamo indirizzati verso giovani atlete che avessero delle personalità simili alle nostre protagoniste o almeno dei punti in comune. E da loro siamo partiti per cucirgli addosso i ruoli delle protagoniste, lavorando da una parte con queste ragazze che non avevano mai recitato prima e dall’altra con le autrici. Una seconda sfida è stata quella di poter trasporre in immagini il realismo e la precisione con cui le sceneggiature descrivevano le dinamiche di un gruppo di adolescenti: le nostre cinque protagoniste ci portano in un mondo di competizione tossica, di infatuazioni, di gelosia e di vulnerabilità. Ed è proprio all’interno di questo microcosmo soffocante che avviene un omicidio. In contrasto con il realismo delle dinamiche competitive tra ragazze, c’è un altro elemento della storia che ci ha particolarmente conquistato: i momenti in cui i personaggi si trovano a confrontarsi in un’atmosfera sospesa e fiabesca. Queste due anime della serie si scandiscono al ritmo delle indagini poliziesche. Abbiamo perciò intenzionalmente scelto di alternare l’uso di camera a spalla per i momenti più intimi, a una camera fissa, che facesse particolare attenzione alle geometrie, per evidenziare la rigidità del mondo che stavamo raccontando. Abbiamo inoltre lavorato in sinergia con la scenografia, i costumi e la fotografia, per ricreare un mondo oppressivo e ossessivo, che fosse molto curato anche dal punto di vista estetico. Ad ispirarci nella scelta dei colori e delle location sono state le stampe di Hokusai e il teatro giapponese - come il trucco esagerato delle ginnaste e della coach che ricorda le maschere del Kabuki. Mentre per descrivere i rapporti tra i personaggi abbiamo fatto riferimento al mondo di sguardi ispirati a quelli tipici degli spaghetti western. Nel racconto, infatti, la competizione non passa solo attraverso gli spettacolari salti, ma soprattutto si gioca molto sulle dinamiche personali. Quello che davvero ci affascinava raccontare attraverso le immagini era come, dietro alla spettacolarizzazione della ginnastica - fatta di body luccicanti e acrobazie - si celassero i drammi personali delle nostre ragazze. Il disagio si percepisce dai loro visi solo apparentemente perfetti in cui, invece, trapela qualcosa di sinistro e disturbante. Uno dei temi più importanti della serie è quello del corpo femminile, con i suoi mutamenti. Nel contesto della ginnastica, infatti, la crescita di una ragazza che diventa donna rappresenta un ostacolo da fronteggiare. Una corsa contro il tempo e una sorta di morte, perché segna la fine della carriera sportiva. La trasformazione del corpo è dunque fonte di ansia e di sofferenza per una giovane atleta, con la stessa intensità con cui la società stigmatizza in età adulta il processo di invecchiamento.
Cosima Spender e Valerio Bonelli