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Note di regia de "L'ombra di Caravaggio"


Note di regia de
L’Ombra di Caravaggio immagina Caravaggio come un artista pop, che vive la vita vorticosa che vivrebbe oggi a New York o a Londra. E per questo è venuto a Roma: il centro del mondo, un universo di immigrati, prostitute, preti, pellegrini, cardinali, principi e malviventi. Un pianeta di grandi ricchezze e grandissime povertà, poteri forti e immense servitù, denaro a fiumi nei palazzi e un popolo che muore di fame nei vicoli. Qui, la Chiesa controriformista chiede statue, dipinti, cupole, colonnati, per celebrare la propria opulenza in un gigantesco cantiere delle meraviglie. Qui, in pochi anni, Caravaggio diventa una star, un personaggio di culto per i giovani artisti e per i ricchi e potenti collezionisti. Il suo più grande sostenitore è il Cardinale del Monte un grande mecenate e collezionista d’arte. Caravaggio è vicino all’ala pauperista della chiesa che cerca un ritorno ai valori evangelici. Lo studio dove realizza i suoi capolavori è frequentato da bottegai, prostitute, nobili e prelati grandi collezionisti d’arte. Uno studio dell’epoca, ma che potrebbe essere un laboratorio contemporaneo in cui regna un artista proiettato nel futuro, un uomo ossessionato dalla voglia di raccontare attraverso la sua pittura una visione religiosa completamente nuova e rivoluzionaria dove il racconto delle storie bibliche è raffigurato dall’uomo preso dalla strada, ovvero il mendicante, la prostituta e il ladro, in una sorta di neorealismo ante litteram. Lo vediamo all’opera: i pantaloni aderenti come un paio di jeans, le scarpe pesanti infangate, una camicia sporca di ogni vernice. E lui stesso è una tela: colore incrostato sulle mani, sotto le unghie, sulle braccia, nella barba, nei capelli. Il Caravaggio – dicono in molti – quando è preso dalla sua furia si chiude in casa senza mangiare e senza dormire, non vede nessuno, non ascolta nessuno. Ci sono poi le donne della sua vita: una, quella che ha contato di più e che lo ha sempre protetto fin dall’infanzia, è la marchesa Costanza Colonna. L’altra è una delle prostitute più famose di Roma, si chiama Lena e divenne una delle sue modelle preferite, rappresentata spesso come Maria, la madre di Gesù. Una terza donna è Anna, quella che diventerà il volto di uno dei suoi più grandi capolavori, “La morte della Vergine” conservato tutt’ora al Museo del Louvre a Parigi. Poi, anzi prima di ogni altra cosa, c’è il Potere occulto - l’Ombra - quello che controlla e decide della vita e della morte degli uomini, quello che lo tiene silenziosamente d’occhio.

Questa storia inizia proprio nel momento in cui il Pontefice - espressione massima del potere sulla terra - chiede a un fidato uomo dell’Entità (i servizi segreti della Santa Sede) di condurre un’investigazione su Caravaggio, per decidere se concedere o negare quella Grazia che il pittore chiede da tempo. Dal giorno in cui s’è reso responsabile dell’omicidio di un uomo, dal giorno in cui sulla sua testa pende una condanna a morte. Mentre il Papa dà l’incarico al suo uomo, Caravaggio è a Napoli dove dipinge – dopo essere stato brutalmente aggredito e quasi ucciso – un ultimo capolavoro, che spera di poter portare a Roma e donare al Pontefice in segno di ringraziamento. Alla fine, illuso di tornare a Roma, dove Costanza Colonna – così gli hanno fatto credere – è riuscita ad ottenere il perdono, sale su un’imbarcazione diretta verso la costa laziale. Ma lo fanno scendere presso un presidio militare, dove ad attenderlo c’è proprio l’Ombra, ormai convinto della pericolosità di Caravaggio – come uomo e come artista. In quel presidio, dopo un ultimo faccia a faccia, l’Ombra decreta la colpevolezza del pittore. Caravaggio capisce che quell’uomo non intende farlo tornare a Roma, ma ottenere da lui una vera e propria abiura: che smetta di dipingere quelle sue opere scandalose ed eretiche. La verità è che l’Ombra è al servizio di quelle forze integraliste che stanno per condannare Galileo e eliminare ogni forma di dissenso. Caravaggio prende la decisione più drammatica: non rinuncia alla sua libertà.

Michele Placido