TORINO FILM FESTIVAL 40 - Corpo dei giorni
Sui colli della Farnesiana, tra pascoli e campi di grano, bovini e cavalli al pascolo, durante il lockdown trova libertà per 100 giorni
Mario Tuti, fondatore dell’organizzazione terroristica di estrema destra Fronte Nazionale Rivoluzionario. Raggiunto dalla notizia, il collettivo milanese Santabelva decide di indagare questa strana circostanza che vede un ergastolano in regime di semilibertà passare due mesi e mezzo in un’ampia tenuta di amici nella Farnesiana mentre tutta Italia (e il mondo intero) era relegata in casa, e ne fa un film: "
Corpo dei giorni".
I registi ottengono ospitalità nello stesso periodo e iniziano a girare. Ma ben presto lo spunto iniziale, che avrebbe voluto sollevare interrogativi sul concetto di libertà (sociale e individuale) viene fagocitato da temi ben più pressanti: molto consapevole di sé e dei meccanismi di ripresa, Tuti usa il mezzo e rivendica da subito il suo passato, dal quale non ha mai preso le distanze. Non volendo lasciarlo libero senza contraddittorio, allora, i registi entrano in campo e i fronti sono subito chiari: da un lato un anziano terrorista pluriomicida che ha solo granitiche certezze, dall’altro giovani che si e gli pongono numerose domande cariche di dubbi
Come bene hanno descritto i quattro registi (è ora di nominarli:
Henry Albert, Saverio Capiello, Gianvito Cofano, Nikola Lorenzin e Niccolò Natali) nell'incontro al Torino Film Festival dove hanno presentato il loro documentario nella sezione “Miglior documentario italiano”, durante le riprese il fatto che Tuti non evolvesse (come non lo ha fatto negli ultimi 50 anni), non fosse aperto al confronto se non a ribadire la posizione di rivendicazione del suo passato (tornerebbe alla lotta armata se fosse chiamato a farlo), ma ingaggiasse un dialogo a muso duro con chi aveva pensato di trovare un altro tipo di dialogo, tutto questo ha allargato il campo d'osservazione della cinepresa inglobando i personaggi che gravitavano intorno alla tenuta, trovando nelle loro vite la crescita e lo sviluppo molto più interessanti per la narrazione. Impariamo così a conoscere Nazareno e le sue figlie, Raffaella, Pino, lasciando Mario a tratti sullo sfondo.
Di forte impatto è la scelta di avere inserito molto avanti nel documentario i filmati d'archivio dei telegiornali che raccontano pienamente chi è stato Mario Tuti, filmati che raccontano l'efferatezza dei suoi crimini: il benevolo Mario, l'anziano del gruppo che è il più colto e a volte sembra assurgere al ruolo di 'maestro', non è (non solo) l’uomo che vediamo per gran parte delle riprese, ma è (anche) questa cosa qui, ci dicono. E dopo questo tuffo nel passato la prospettiva di chi osserva cambia.
Per questo motivo il documentario non inizia e termina in compagnia del suo soggetto, ma si chiude come si apre con l’amico Pino, solo nella sua tenuta a rimpiangere la compagnia di quei giorni in cui il lockdown gli ha riempito la vita.
30/11/2022, 00:05
Sara Galignano