Note di regia de "Il Ritorno"
Il ritorno a casa di una madre dopo una lunga assenza. Ad accoglierla ci sono il marito Pietro e il figlio Antonio, e la vita che dieci anni prima ha dovuto lasciare. Inizia così un viaggio che dovrebbe colmare il vuoto creato da quel distacco forzato – raccontato con poche scene iniziali - ma che finisce invece per amplificarlo ed esasperarlo, fino all’estrema conseguenza. I contrasti e le difficoltà che la lunga separazione e il tempo trascorso si portano dietro, infatti, prevalgono sulla volontà e sull’amore. Dieci anni hanno cambiato molte cose, troppe, per tutti: per Teresa che non sa rientrare in una vita che non le appartiene più; per Pietro e Antonio che ormai, trovato un equilibrio, conducono una loro esistenza e non sembrano disposti a metterla in discussione. Forse quelle vite non possono più stare insieme perché il tempo e la distanza dividono inesorabilmente. Da un punto di vista drammaturgico m’interessa analizzare le dinamiche psicologiche ed emotive di una persona che torna dopo una lunga e forzata separazione, raccontare il suo animo attraverso le atmosfere e il corpo, eliminando quasi completamente il dialogo dalla scena. Il silenzio e il non detto si caricano così dell’impotenza della nostra protagonista, e la solitudine che il carcere le ha creato intorno rivive uguale e ancora più disperata una volta uscita di prigione. All’impossibilità materiale data dalla situazione oggettiva della detenzione, si sostituisce l’impossibilità psicologica ed emotiva determinata dalla condizione interiore e soggettiva. Il corpo e il volto dell’attrice prendono il posto della parola e, nel tentativo di raccontare ed esteriorizzare le pulsioni interiori, si fanno linguaggio mimico asciutto.
Stefano Chiantini