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Note di regia di "Gigi la legge"


Note di regia di
IL GIARDINO DI GIGI: DOVE NASCONO TUTTE LE STORIE.

Per questo film sono tornato nel giardino della mia infanzia, quel luogo magico che è per me l’inizio di tutte le storie. Da quando ero bambino son passati trent’anni e nel frattempo gli alberi, come me, sono cresciuti, gli oggetti di ferro, come i miei capelli, arrugginiti, ma nulla è cambiato veramente perché il custode e guardiano di questo paradiso non è una persona qualsiasi, è Gigi. Gigi è mio zio. Lui ed io abbiamo in comune la sensazione per cui il mondo intero è un giardino, pieno di alberi, densissimo, a volte sconfinato, a volte pieno di reticolati e frontiere, sempre buono ma anche luogo dove le angosce e i desideri prendono vita come in un sogno ad occhi aperti. La storia di “Gigi la legge” viene da questo giardino e a questo giardino ritorna all’infinito perché le piante e gli alberi sono talmente rigogliosi che sconfinano dalla sua testa e prolungano le sue mani. Fuori dal suo giardino, Gigi per gran parte della sua vita è stato un vigile urbano, un semplice e pittoresco rappresentante della legge in questa regione particolarmente periferica. Questo film è prima di tutto il ritratto di Gigi, ed essendo Gigi, che si voglia o no, un vero poliziotto, il film non poteva che prendere la forma di un “poliziesco”. Un poliziesco a misura del suo personaggio principale, sovversivo e originale, sincero e disarmante, simpatico e provocatore. Gigi si interroga e, a modo suo, indaga, si lascia sommergere dalle sue passioni e curiosità contraddittorie e inesplicabili. È così allora che diventa il nostro traghettatore in uniforme, che si lascia guardare sinceramente e senza paura. Attraverso i suoi occhi e sensazioni, noi vediamo e sentiamo il suo pezzo di mondo in forma di vegetale, ed è qui, assieme a lui, che condividiamo i misteri che lo ossessionano, le passioni che lo attraversano e le risate che esplodono senza effetti e senza artifici. Gigi la legge è un pezzo di vita di confine, fatto di alberi che non smettono di crescere, treni che non si fermano, inseguimenti campagnoli, conversazioni divertenti, una storia d’amore sognata e un incubo che non ci lascia dormire. In fin dei conti, però, come il tempo, tutto passa, e piano piano anche gli incubi più brutti poi finiscono per svanire, basta un sorriso o una vecchia canzone.

Alessandro Comodin