Note di regia di "All end?"
La risoluzione fragile mi ha permesso di raccontare un mondo d’inganno in cui persino un puntino bianco poteva diventare indistinguibile dalla luna. La protagonista stessa viene infatti camuffata in cumuli di pixel, in un dialogo alieno con un cielo visivamente parlante ma che lei non ascolta, perché troppo impegnata a cercare il suo cane scomparso. Esplorandola come fossimo in un videogioco, la foresta si trasforma in una sorta di scatola interattiva, dove un muro invisibile di alberi pixelati impedisce di comprendere appieno la gravità della situazione al di fuori. Solo l’immaginazione si fa così capace di varcare il limite tra ciò che si può vedere e ciò che si può intuire sonoricamente, andando a potenziare ulteriormente il concetto di inganno. Se le attrezzature VHS al giorno d’oggi rappresentano dei veri e propri rottami ambulanti, il nastro analogico assume per me un significato quasi futuristico. Non è infatti diverso dalle telecamere attuali, ma è umilmente consapevole del suo destino, indefinito e poco nitido, la cui sopravvivenza è dettata solamente dalla casualità della conservazione. Basta infatti uno sbalzo termico o un ambiente umido per distruggere in modo irreversibile tutto il girato. Questa consapevolezza di una non preservazione della mia opera mi ha aperto gigantesche prospettive di linguaggio.
Mattia Bioli