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GIUSEPPE TANTILLO - Il Successo di "Mare Fuori"


“Tra recitazione e scrittura, sono un workaholic”. Intervista all’interprete della serie di successo “Mare Fuori”, dal 15 febbraio in prima serata su Rai2 con la terza stagione.


GIUSEPPE TANTILLO - Il Successo di
Giuseppe Tantillo
Attore e autore teatrale, Giuseppe Tantillo, palermitano, classe 1983, diplomato all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico, è attualmente nel cast della serie del momento, “Mare Fuori”, dal 15 febbraio in onda con la terza stagione su Rai2, nel ruolo di Alfredo, giovane avvocato coinvolto in giri malavitosi. La serie racconta le storie, i sogni e la voglia di riscatto di un gruppo di giovani detenuti in un carcere a picco sul mare.

Qual è il segreto del successo di “Mare Fuori” secondo te?

“Un successo così, che dalla prima stagione continua a crescere, è dovuto sempre a un lavoro fatto bene, niente arriva veramente per caso. Poi attraverso i ragazzi protagonisti si racconta l'età più struggente della vita, il passaggio dall’adolescenza alla maturità, quando si decide che adulto diventare, e in un contesto come quello del carcere minorile tutto questo è ancora più amplificato. È un momento che ci portiamo dietro per tutta la vita, e quindi non può non interessare”.

Che cosa ci dobbiamo aspettare dal tuo personaggio in queste nuove puntate?

“Diciamo un approfondimento, a primo acchito Alfredo sembra un cattivo, però cos'è un cattivo? Bisognerebbe capire, perché spesso è un buono che non ce l'ha fatta, perché per essere un personaggio positivo, anche nella vita di tutti i giorni, ci vuole un coraggio maggiore, è molto più facile essere cattivi. Quello che può essere interessante, e credo che questo personaggio se lo porti tantissimo, è il contrasto tra quello che vorrebbe essere e quello che alla fine risulta essere, e quindi in questo senso è importante la sua relazione con il personaggio di Silvia, è la sua occasione di riscatto perché quello che lui prova per lei è un sentimento vero e onesto, ma lui è all'altezza di questo sentimento? Quindi in questa stagione Alfredo deve capire se lo è. È la cosa più difficile del mondo, ma definisce molto chi siamo”.

Come nasce la passione per questo lavoro?

“Nasce un po’ per caso, a scuola, feci un corso di teatro, all’inizio senza avere un vero interesse, solo per accumulare crediti scolastici, ma lì ho avuto questa epifania, ho pensato: “È quello che voglio fare nella vita”. E allora così, senza neanche pensarci, mi sono mi sono trasferito a Roma l'anno dopo, senza averla mai vista prima, ho fatto l'Accademia Silvio D'Amico e mi sono diplomato come attore, ma dopo ho cominciato anche a scrivere. Adesso la scrittura ha preso nella mia vita un'importanza quasi pari a quella della recitazione, quindi sono un attore che scrive. La scrittura l’ho scoperta dopo l’Accademia, prima di cominciare a ingranare come attore ci sono dei periodi in cui inevitabilmente capita che non lavori tanto, io non riesco a stare fermo, a prendermi dei momenti per me stesso, sono un workaholic, quindi ho cominciato a scrivere, mi è sempre piaciuto farlo in verità e ho avuto subito un riscontro forte perché ho vinto un premio a Riccione Teatro (per il testo “Best Friend”) tra i più importanti in Italia. Poi ho cominciato a lavorare tanto come attore e mi sono trovato con due lavori di fatto, che vuol dire non avere più un secondo libero nella tua vita. Adesso quando non sono sul set sono in scena o scrivo”.

Che cosa ti piace portare in scena?

“A me interessano le persone, quindi se penso agli autori che continuo a leggere e non smetterà mai di farlo, penso sempre a Čechov o Pinter, sono autori che si occupano dei sentimenti delle persone in maniera universale. Non sono attratto da tutto ciò che magari è un instant, io preferisco lo struggimento del sentimento umano, per me non c'è nient'altro di più interessante, quindi è quello che cerco di fare, mi interessa indagare i sentimenti umani nelle varie fasi della vita, nelle situazioni, mettendoli anche in condizioni molto complicate, è come se mettessi i miei personaggi sempre in una sorta di stress test sentimentale, che ne tira fuori proprio l'essenza. Un regista che mi piace molto che fa questa cosa è, per esempio, Ruben Östlund”.

Che personaggio ti piacerebbe interpretare o che generi ti interessano?

“Una cosa che sogno da sempre che ancora non mi è capitata è di interpretare un personaggio che abbia a che fare con la politica nel senso più alto del termine. A me piace molto la politica, è una cosa in cui credo, nonostante tutto. Però un personaggio che abbia degli ideali alti e che creda nella politica nel senso alto è una cosa che mi piacerebbe tantissimo interpretare. Penso sempre al fatto che nell'antica Grecia le scuole di recitazione e le scuole di diritto erano le stesse, questa cosa è molto interessante se ci pensi”.

C’è invece un attore che ti ha ispirato in particolare?

“Robert Downey Jr., lo considero un attore sublime, probabilmente uno dei più grandi attori del mondo. Adesso mi fa un po’ impressione che sia conosciuto anche dalle nuove generazioni per i film Marvel, ma c'è un passato di film molto interessanti, penso a “Charlot” di Richard Attenborough, o a “Meno di zero” tratto dal libro di Ellis, ci sono delle interpretazioni veramente rilevanti. Lui tra l’altro dice che gli attori devono approfondire ma non devono diventare degli studiosi, una cosa che riguarda il confine tra attore impegnato e attore leggero, ecco, secondo me lui ha trovato in questo modo una chiave di lettura perfetta. Di italiano, invece, amo molto Fabrizio Gifuni, un attore colto che si prende la responsabilità delle cose che fa e che dice, che ha molto chiara la funzione sociale dell'attore, che non è così scontata secondo me in questo periodo storico. Come faceva Gian Maria Volonté, una persona che si preoccupava di quanto guadagnavano i suoi colleghi”.

Su cosa stai lavorando in questo momento?

“Sono appena stato a teatro con questo spettacolo che si chiama “The believers” di Bryony Lavery, che è una delle più importanti drammaturghe inglesi, e andremo in tournée la prossima stagione, abbiamo debuttato da poco, e ora sto scrivendo il mio nuovo testo per il teatro. Poi girerò un film per il cinema tra un paio di mesi di cui ancora non posso parlare”.

Hai partecipato a diverse produzioni che parlano di mafia, come “Il cacciatore 3”, “Squadra antimafia” e il film tv su Paolo Borsellino, da palermitano come affronti questo argomento e come ti approcci a queste interpretazioni?

“Chiaramente è un argomento che a noi palermitani tocca in modo particolare, siamo cresciuti attorno a qualcosa di profondamente inquietante, da bambino non avevo molto consapevolezza, era la fine degli anni ’90, era un periodo abbastanza duro, è qualcosa che in qualche modo ti rimane dentro sempre. Io ricordo le stragi di Capaci e di via D'Amelio, non si riusciva a parlare d'altro, era difficile pensare di crescere in quel posto, lì è difficile realizzare i propri sogni. Quando questa cosa poi viene raccontata sullo schermo io cerco di mettere quella che è la mia esperienza, dipende che personaggi sto interpretando, cerco anche di mettere una distanza artistica perché altrimenti se mettessi tutto me stesso emotivamente rischierei di fare un disastro. Combatto tra l'approccio professionale e quello che è il coinvolgimento personale, è una ricerca continua di equilibrio e forse è la cosa più interessante che viene fuori quando parlo di queste cose, quando racconto la mia terra, quando mi trovo nella mia terra che amo tantissimo ma che mi fa altrettanto incazzare. Certe volte mi viene da dire che questa terra non ha speranza, come se la gente continuasse a reiterare lo stesso errore, come se non avesse imparato nulla, poi ogni tanto succede qualcosa che mi fa cambiare idea perché le persone perbene sono la maggioranza, ma purtroppo non riescono a cambiarlo quel posto”.

16/02/2023, 12:11

Caterina Sabato