Note di regia de "Il Caso Lavorini"
“Viareggio 1969” è il racconto di un rapimento, di una sequela di calunnie e della caccia al mostro senza scrupoli. È allo stesso tempo la vicenda di un singolo omicidio con “tre vittime” e di un depistaggio politico. Nel docufilm, attraverso la vicenda di Ermanno Lavorini, si narra di un passaggio epocale per Viareggio e per l’Italia intera, ma soprattutto, del primo esempio di distorsione della realtà attraverso i media.
Lo studio e l’analisi del repertorio è il fulcro centrale dell’impostazione di regia. L’idea alla base delle interviste è quella di rendere i protagonisti del docufilm narratori e spettatori allo stesso tempo. Per questo, tutte le interviste sono state realizzate mettendo in campo una tv, una radio, foto e giornali d’epoca, con lo scopo di far “immergere” nei fatti gli intervistati, ottenendo un racconto caldo e partecipato. Un meccanismo utile anche allo spettatore che permette più chiaramente di calarsi nella stessa atmosfera dell’epoca, quando giornali e tv alternavano verità mutevoli e distorte.
Si è scelto di girare tutte le interviste in un luogo simbolico per Viareggio: La cittadella del carnevale, all’interno degli hangar in cui annualmente si costruiscono carri allegorici giganteschi. Insomma un luogo di gioia per un racconto amaro. Nelle interviste però, gli hangar semi vuoti, svuotati della gioia del carnevale, proprio come successe all’ora, nei giorni della scomparsa del piccolo Ermanno, quando la città si apprestava a vivere un carnevale diverso, privo di uno dei suoi bambini.
La macchina da presa si muove tra i luoghi, i protagonisti e i repertori sempre in modo pulito ma quasi mai statico, facendo ampio uso di carrelli e di riprese in slowmotion come ad esasperare nel racconto e nelle immagini la sospensione del tempo e della verità. Il ricorso alle ricostruzioni avviene solo per dar vita al racconto meno conosciuto, quello delle stanze di chi indagò e portò questa storia nel fango e nella confusione cercando di muovere ingranaggi distorti.
Qualcuno ha definito il caso Lavorini come “l’infanzia delle stragi”, altri come l’inizio della “strategia della tensione”, ed è sul filo di una costante tensione narrativa che si snoda il docufilm, attraverso un montaggio ritmico seguito da una colonna sonora carica di tensione e sospensione.
Claudio Pisano