Note di regia di "Blue Water"
Era l'autunno del 2017 quando vidi in rete un Master dell'eclettico regista tedesco Werner Herzog in cui spiegava come realizzare un lungometraggio con poche risorse. L' idea divenne ben presto un'ossessione: realizzare un film in piena libertà artistica ed espressiva è un privilegio che tocca a pochi. Cominciai a guardarmi intorno, ad esplorare le risorse che offre il territorio in cui vivo. Cividale del Friuli è una cittadina medievale patrimonio UNESCO dell'umanità che si rivelava un vero e proprio set a cielo aperto. In pochi metri potevo sfruttare paesaggi e location molto diverse tra loro, contrastanti, garantendo alla troupe spostamenti veloci. Avevo bisogno di una storia semplice da realizzare ma incisiva. Il tema doveva essere la fragilità dei rapporti umani, la pluralità dell'individuo e l'influenza della sorte sulla libertà individuale. Era diverso tempo che frequentavo una piscina: l'idea della nuotatrice arrivò senza fatica. Non volevo un personaggio forte (sappiamo chi è e cosa vuole) in cui il pubblico potesse identificarsi, bensì optai per un finale aperto ed un'analisi distaccata del dramma: gli spettatori sarebbero stati osservatori privilegiati, come gli Dei dell'Olimpo che amavano guardare gli uomini affaticarsi ed agitarsi per dare un senso alla propria vita. Il problema è che la vita non ha senso, ma significato. All'inizio pensai di coinvolgere massimo due attori ed utilizzare una sola location ma forse potevo spingermi a cinque attori e l'intero territorio comunale. Cominciai a scrivere il soggetto, poi il trattamento ed infine la sceneggiatura. Contemporaneamente componevo la colonna sonora. Avevo bisogno in primis del brano di apertura, un groove ritmico che accompagnasse una nuotata. Non fu facile trovarlo. Completata questa fase cominciai a navigare per uffici cercando di convincere i responsabili della bontà del progetto e di concedermi le relative autorizzazioni: forse l'ostacolo più arduo da superare. L' incontro con il direttore della fotografia arrivò quasi per caso: trovai una mail indirizzata ad un vecchio amico, Riccardo, un autore e documentarista di talento che non incontravo da anni. Lo chiamai e subito si offrì di appoggiarmi con tutta la sua attrezzatura. Molta fortuna ed un enorme risparmio di denaro. Dopo Riccardo non fu difficile trovare il resto della troupe tecnica. Mancavano gli attori. Misi un annuncio in rete. Con mio grande stupore mi scrissero almeno 150 persone. Mi feci spedire degli showreel, cominciai a scremare. Non avevo né tempo né mezzi per provini o reading table, dovevamo trovarci direttamente sul set e partire senza indugi o riluttanze. Un'operazione ad altissimo rischio: in questo modo molti progetti sono saltati il primo giorno di riprese ma non fu così per noi: dovetti superare me stesso in capacità diplomatiche. Le riprese furono fissate le prime due settimane di Aprile 2019: un'impresa folle e quasi impossibile, considerando che anche la commedia più elementare si gira in media in sei settimane. Per di più cominciò a piovere facendo saltare tutto il piano di lavorazione. Tuttavia la pioggia garantì la stessa luce durante le riprese in esterni, risolvendo molti problemi di continuità. Le due settimane furono memorabili, alternando momenti di grande euforia a momenti drammatici. Una buona dose di diplomazia e mediazione furono fondamentali. Finite le riprese cominciò il duro lavoro del montaggio. Speravo di cavarmela in sei mesi ma, considerando gli impegni professionali e le continue revisioni, si arrivò a circa nove mesi di lavoro. In questa fase l'aiuto e la consulenza di Elisabetta Giusti fu determinante. A coloro che vogliono tentare questa strada consiglio di essere sinceri con sé stessi, di farsi aiutare sia nella fase di scrittura sia nello stilare il piano di lavorazione e di non rinunciare ad una segretaria di edizione sul set. Bisogna essere autori ed imprenditori di sé stessi, pianificando una strategia marketing già in fase di preproduzione. I tempi sono favorevoli. Buona fortuna
Mauro Perazzi