Note di regia di "Das Mer"
La mia ricerca è partita da un forte senso di necessità. Avevo bisogno di riscoprire le mie origini, di tornare per un attimo indietro.
Quando ho perso mia nonna non sentivo più la mia parte sinistra del corpo, un senso di vuoto mi opprimeva. Sapevo che prima o poi sarebbe successo ma alla fine non si è mai preparati a un evento del genere. Per me lei non è stata solamente una nonna, è stata un esempio di vita. Ho imparato molto da lei: mi ha insegnato a osservare da punti di vista diversi, a meravigliarmi delle piccole cose, mi ha insegnato a coltivare i ricordi, il valore e l’importanza della memoria.
Quando mi raccontava delle sue origini svizzere, di Basilea, della sua famiglia, di suo padre, di sua madre e delle sue sorelle, dell’epoca della guerra, mi coinvolgeva così profondamente che riuscivo a rivivere le sue esperienze in prima persona. Credo riuscisse a farti perdere nelle sue storie perché una donna entusiasta della vita.
Sono stata fortunata ad aver avuto a disposizione un generoso archivio famigliare. Negli anni mio nonno Egidio aveva ripreso le vacanze di famiglia in Svizzera e in Italia. Spulciando e studiando le pellicole mi sono accorta che il viso di mia nonna Heidi era una costante, come un’immagine indelebile che rimane impressa nel tempo: Heidi che gioca con i figli, Heidi che lavora a maglia sulla spiaggia, Heidi che passeggia per i sentieri montanari. Era bello poterla rivedere vivere.
Così ho digitalizzato autonomamente le pellicole 8mm e i super 8, ma mi mancava qualcosa. Das Meer non parla solo della vita di Heidi ma parla delle nostre vite, di come ci siamo conosciute.
Anche mio padre e mia madre, fortunatamente, avevano impresso i nostri ricordi su VHS. Ho potuto rivedermi bambina e capire quanto ancora ho da imparare su me stessa. Volvevo mettere in comparazione non solo le due modalità di ripresa, la pellicola e il VHS, ma anche il tempo, l’evoluzione degli affetti. Nelle pellicole Heidi è mamma e mia mamma è figlia, nelle VHS Heidi è nonna, mia mamma è mamma e poi ci sono io. Questo intrecciarsi di figure e di ruoli, del trascorrere del tempo, è una riflessione su come la vita ci trasporta nel suo flusso incessante, di come i legami cambiano, si rompono e, a volte, si riallacciano.
Ho voluto volontariamente non specificare chi fossero le persone presenti nel cortometraggio, non c’è bisogno di riconoscere i volti, si tratta di una storia di famiglia, di memoria collettiva, fatta di piccoli momenti e piccoli gesti che accompagnano il quotidiano di ognuno di noi. Il testo è voce interiore dello spettatore, consapevole del processo. Questo flusso di pensiero è incoraggiato dal rumore del proiettore, dal suono del vento che soffia, dalle onde del mare che si infrangono sulla riva.
La pellicola scorre, il tempo scorre e la vita scorre, quello che rimane è il ricordo.
Martina Mele