CINEMAMBIENTE 26 - Larrain: "In Italia il mio cinema del cuore"
Il regista cileno
Pablo Larrain è stato ospite a Torino del festival Cinemambiente e ha ricevuto dalle mani del direttore del Museo del cinema, Domenico De Gaetano, il premio Stella della Mole.
"Torino per me è una città importante, ha avuto un grande impatto sulla mia vita, come tutta l'Italia del resto da cui provengono molti dei miei eroi cinematografici. Nel 2008 sono stato in concorso al Torino Film Festival con il mio secondo film, "
Tony Manero", e uno dei miei idoli di sempre,
Nanni Moretti, di cui ho amato moltissimo opere come "Caro Diario" o "La Stanza del figlio", mi ha consegnato il primo premio, e al mio protagonista Alfredo Castro quello come miglior attore. Qui mi sono sempre sentito protetto e in un ambiente amichevole, ero un ragazzo, ero qui con mia moglie e con nostra figlia appena nata, che aveva 6 mesi e ora ha 16 anni! Sono poi tornato come presidente di giuria, e ora qui a Cinemambiente: sono molto orgoglioso di questo ciclo che continua a esistere e che mi riporta qui, una connessione fatta anche di amore. Qui mi sento davvero a casa, anche grazie al grande amore per il cinema che si respira".
Il prossimo progetto è El Conde, con un Pinochet-vampiro, che forse sarà a Venezia.
"Nessun attore nella storia del cinema ha mai interpretato il generale Pinochet, un personaggio troppo difficile. Questa volta ho deciso di farlo, prendendo spunti dalla letteratura e dal cinema e trasformandolo in un vampiro, capace anche di volare (a interpretarlo è Jaime Vadell, che era anche in "No" e in "El Club"). Ho scelto un'idea molto pericolosa perché ci piaccia o no certe figure purtroppo possono diventare eterne. In questo momento storico poi la destra radicale sta riguadagnando posizioni, in Cile come in Spagna e anche qui in Italia, purtroppo, e figure come quelle di Pinochet vengono normalizzate, si parla del successo dei suoi piani economici dimenticando tutto il resto: è molto pericoloso questo clima di impunità e di eternità per figure come la sua...".
Come lavora con gli attori?
"Non ho una risposta unica, dipende dal personaggio e dal film, non dagli attori. Ho imparato negli anni che quello che funziona meglio è lavorare intensamente prima dell'inizio delle riprese, per un paio di settimane dò loro molte indicazioni per entrare nel ruolo e poi sempre meno, sul set dò solo istruzioni fisiche, su dove mettersi o come spostarsi e null'altro. Loro diventano il personaggio prima delle riprese e poi non serve altro. Certo, quando si tratta di personaggi femminili è più facile capirli per le attrici che non per me, finora sia Natalie Portman in "Jackie" sia Kristen Stewart in "Spencer" hanno capito benissimo i loro ruoli. Lavoro diversamente con Alfredo Castro, con cui collaboro da sempre e che sarà anche in El Conde: con lui il processo è diverso, quasi infinito nel corso degli anni, ma è davvero un caso unico".
Era in giuria a Venezia quando vinse "Sacro GRA", ad oggi ultimo Leone d'oro del cinema italiano.
"Presidente era Bernardo Bertolucci, che ci disse (con me c'erano anche Andrea Arnold, Ryuichi Sakamoto, Carrie Fisher... che esperienza affascinante!) che sarebbe stato bello avesse vinto un film italiano, se ce ne fosse stato uno meritevole: premiammo "Sacro GRA" di Gianfranco Rosi, che prima e dopo quel documentario ha continuato a fare grandi film. Ma c'erano molti bei film quell'anno, come "Under the skin" di Jonathan Glazer che vinse un premio, venne fischiato dal pubblico veneziano ma ora è un classico, un film di culto, per me uno dei migliori di tutti i tempi.
Del cinema italiano di oggi non so bene cosa dire, so che alcuni autori lavorano su un cinema senza tempo, e lo apprezzo molto: ho visto alcune immagini de "La Chimera" di Alice Rohrwacher, che era a Cannes. Mi ha spiazzato, non si capiva a che epoca appartenevano quelle immagini... forse al tempo del cinema, che è l'unica vera macchina del tempo che siamo stati capaci di inventare".
07/06/2023, 10:19
Carlo Griseri