Note di regia di "Bellezza, Addio"
NOTE DELLA REGISTA CARMEN GIARDINA
Io sono stata un'adolescente affamata di poesia. La prima folgorazione fu per Arthur Rimbaud, tradotto in Italia da Dario Bellezza, un poeta e scrittore che allora non conoscevo. Leggendo oggi i suoi romanzi, fortemente autobiografici, sono stata colpita da un episodio di “Nozze col diavolo”: il protagonista ha due anni o poco più, è al mare con la madre (figura che il poeta ricercherà in modo a volte ossessivo nelle amiche Amelia Rosselli, Elsa Morante, Anna Maria Ortese). Mentre si trova in acqua tra le braccia della donna, il bambino scivola via da quell'abbraccio e le onde lo travolgono. Il ricordo di quei momenti è drammatico, il bambino sta per affogare. Qualcuno lo afferra per i piedi, tirandolo fuori dall'acqua prima che avvenga il peggio, ma la paura che la madre lo abbia abbandonato, e quella terribile sensazione di morte diventeranno un incubo ricorrente nella sua vita, segnandola indelebilmente. “Io vivo in una dimensione materna, non sono uno che cresce e diventa adulto, non cresco alla virilità”. Questo breve racconto costituisce il “prologo” del film, lo attraversa e illumina, in una circolarità sinistra di presagio, fino al finale. Provocatore, talentuoso, maledetto, sicuramente una personalità fuori misura, Dario Bellezza è stato detestato, ma anche molto amato. Nel film, poeti, scrittori e amici di Dario danno un prezioso e affettuoso contributo non solo con le testimonianze personali, ma anche con un confronto a distanza sullo stato di salute della poesia, permettendo di allargare lo sguardo dal mero racconto biografico ad un orizzonte più ampio. Ancora una volta, la collaborazione con Pivio e Aldo De Scalzi è stata per me basilare, la colonna sonora è uno dei pilastri su cui è costruita l'architettura del film. Una musica che non si nasconde, anzi, diventa quasi un personaggio in più, spaziando dall'elettronica al lirismo dei brani orchestrali. Io sono stata un'adolescente affamata di poesia, e oggi? Chissà che Bellezza, addio non spinga qualcuno a leggere i versi di Dario... Di poesia abbiamo sempre bisogno.
Carmen Giardina
NOTE DEL REGISTA MASSIMILIANO PALMESE
“L’Italia non ricorda”, diceva lapidario Aldo Braibanti. Fin da quando mi sono imbattuto in questo pauroso giudizio sul nostro Paese ho pensato a un cinema documentario che scavasse tra le pieghe della memoria collettiva. A questo scopo il mio lavoro di drammaturgo mi è utile. Penso che per raccontare vita e opera di artisti e scrittori occorra trovare o costruire un architrave drammatico, così che un film possa non solo informare ma stupire, scuotere, incidere. E quello a cui mi dedico nell’ideazione dei documentari è sottolineare in quelle vite la tragica frizione tra artista e società, individuo e mondo. Trattare i poeti al cinema non è però cosa facile: il pericolo del “santino” è dietro l’angolo. Per questo trovo sia meglio lasciar parlare l’artista attraverso i testi e i materiali di repertorio, e scegliere di intervistare quelli che l’hanno conosciuto prima di chi l’ha soltanto studiato. E poi non censuro i lati bruschi dei caratteri, i temperamenti appuntiti, le vite di eccessi e di errori. Solo così, mi pare, una biografia vive e respira, e l’artista torna a parlarci dicendo di sé cose palpitanti e vere. Oggi che siamo tutti concentrati sul presente, se non sull’attimo, mi dedico a riscoprire figure del passato. Spiriti inquieti che potrebbero risvegliare la memoria di un Paese assonnato. La poesia, lì dove sono nato, è il luogo dove ritorno grazie al cinema. E dunque da Aldo Braibanti a Dario Bellezza e in futuro a Sandro Penna, la mia ricerca nel cinema documentario mi pare segnata.
Massimiliano Palmese