VENEZIA 80 - "Io Capitano"

Quando Matteo Garrone ci crede, il film non può che essere bellissimo. Il coinvolgimento, l'esigenza di trovare la miglior soluzione nel racconto, la voglia di far sentire allo spettatore le sensazioni sue e dei personaggi, si percepiscono immediatamente in Io capitano, com'era per Gomorra o per Dogman. E questa voglia arriva tutta, ed è proprio quella che distingue un regista da un autore.

"Io Capitano" è un storia che, come la si pensi sul fenomeno dell'immigrazione dall'Africa verso l'Europa, racconta in modo oggettivo le avventure disumane di chi, non solo per motivi gravi e inderogabili, scappa dal proprio paese con il sogno di raggiungere una vita migliore. E Garrone la racconta così com'è, semplice, con qualche punta di magia e con gli occhi di chi effettivamente non si aspettava di andare incontro a tanta infernale crudeltà.

Il viaggio di Seydou e Moussa parte dal Senegal. I due ragazzi hanno 16 anni e non se la passano neanche male ma la loro aspirazione è diventare qualcuno nel mondo della musica. Il loro terribile percorso per raggiungere il mar mediterraneo e imbarcarsi per l'Italia non ci è del tutto sconosciuto; al cinema lo raccontò tra i primi Andrea Segre nel 2008, in "Come un uomo sulla terra", ma stavolta gli occhi del regista diventano quelli dei due ragazzi e tutto è ricoperto da un velo di ingenuità e innocenza che acuisce il senso di ingiustizia e di impotenza di fronte al peggio del genere umano. Umiliazione, ferite e morte arrivano senza sorpresa, come gradini indispensabili da salire in un percorso dal quale si uscirà in ogni caso diversi.

Io capitano è un film importante che sicuramente riceverà l'attenzione della giuria di Venezia e che sarà, malgrado un tema che potrebbe essere distante dal sentire "americano", considerato anche in chiave Oscar.