Note di regia di "Doppio passo"
“Quante partite importanti deve giocare un uomo nella vita?”
Per raccontare le gioie e i dolori di Claudio, ho usato un linguaggio filmico dominante: la macchina a mano. I movimenti della macchina da presa sono irregolari, con sbalzi irrequieti proprio come il nostro protagonista, per seguirlo da vicino nella sua discesa agli inferi. Ho deciso di usare questo linguaggio per conferire un maggiore effetto di realtà, per dare vita ad un cinema verità che possa far immergere lo spettatore nelle vicende di Claudio, empatizzando con lui.
I movimenti di macchina sono dipendenti dagli spostamenti e dai gesti del protagonista, infatti Claudio è presente in tutte le scene del film. Una macchina da presa descrittiva quindi, con il compito di mostrare il protagonista in tutte le sue sfumature, con l’ausilio di piani ravvicinati al pari di una vera e propria marcatura calcistica da parte di un avversario di cui non ti puoi liberare: il tutto con la finalità di scandagliare il suo animo, i suoi dettagli fisici, le sue imperfezioni e i suoi sguardi.
La messa in scena è realistica, ma la luce non è ambientale, anzi, la fotografia è curata nei minimi dettagli da Tommaso Alvisi per amplificare la tensione drammatica indispensabile per il crescendo emotivo della storia, ma anche per creare spazi e andare a sottolineare le espressioni dei protagonisti, descrivendone i loro cambiamenti interiori. Ed è con questo stile, per certi aspetti iperrealista, che ho realizzato anche la seconda parte del film, dove il racconto “sociale” (la crisi di un uomo che ha perso il lavoro) lascia spazio a una vera e propria escalation tensiva e criminogena, che va a sfiorare i canoni del genere.
Questo connubio tra realismo e crime porta un’ulteriore patina di originalità a un racconto che già si basa su un presupposto forte e innovativo: la sfida di raccontare un perdente, all’interno di un mondo (quello del calcio) che nel sentire comune è percepito come popolato soltanto di vincenti.
Lorenzo Borghini