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JACOPO GARFAGNOLI - “Voglio essere un modello per me stesso”


Intervista al giovane attore protagonista di “Senza Età” di Stefano Usardi, storia di una singolare amicizia tra un ragazzo e un’anziana signora


JACOPO GARFAGNOLI - “Voglio essere un modello per me stesso”
Jacopo Garfagnoli
Nato a Sassari, classe 1994, Jacopo Garfagnoli, giovane interprete protagonista del nuovo film di Stefano Usardi, "Senza Età", ha già lavorato in diverse serie televisive internazionali come “Passaporto per la libertà”, girata in Sud America vista in Brasile, India, Spagna, Inghilterra e in Italia, è stato diretto in piccoli ruoli da Marco Bellocchio in “Sangue del mio sangue” e ne “Il traditore”, ed è stato il protagonista di “La ronde di Schnitzler” al teatro nazionale della Macedonia a Skopje. Prossimamente lo vedremo nel film queer “We will never die”. Lo abbiamo intervistato.

In “Senza Età” si racconta l’amicizia speciale e improbabile tra Anna e Pietro, un ragazzo e un’anziana signora che vuole uscire dalla casa di cura dove è ospite per vedere il mare. Com’è andata questa esperienza e che rapporto hai instaurato con la tua collega Patrizia LaFonte?

“La conoscevo già perché è stata la mia insegnante di dizione, quindi ritrovarla sul set è stato molto bello, e in termini di amicizie improbabili credo di esserci anche entrato abbastanza in confidenza. Rispetto a Pietro e Anna si tratta sì, di un'amicizia improbabile ma quasi spontanea. Le amicizie improbabili sono tali solo quando ci pensi, quando poi invece si conosce una persona spesso si trovano degli elementi non in comune ma che poi ti portano invece a condividere, a stare insieme, che è anche l’idea di base del film, alla domanda: e se invece si provasse a dire di sì, ad aprirsi a un'amicizia, a un impulso che spesso cerchiamo di rifiutare, per esempio, per via di preconcetti? Magari ci porterebbe fino ad Almeria”. (Il riferimento è alla città spagnola dove giungono Anna e Pietro).

“Senza Età” è un road movie, genere molto esplorato al cinema, come avete lavorato con il regista Stefano Usardi?

“Con Stefano mi sono trovato subito molto bene, è molto aperto come regista, ci ha dato una grandissima possibilità di esplorazione, cosa che non è scontata e di cui sono molto contento, essendo anche il mio primo ruolo da protagonista. Mi ha dato la possibilità di sperimentare, è stato un bel regalo. Mi sono trovato bene anche umanamente, è stata un'avventura molto difficile, ricordo che siamo stati 25 giorni in giro, vivendo tutti insieme un'esperienza molto intensa. Rispetto al tema credo che trattare il rapporto tra diverse generazioni è sempre interessante specie attraverso il viaggio”.

A proposito di generazioni diverse, hai dei riferimenti del passato che ti ispirano o che ti hanno spinto a intraprendere questo lavoro?

“Sì, ho dei riferimenti sia personali che artistici, come Robert Redford, il mio primo insegnante di recitazione, e Michael Margotta che è il mio maestro al momento e che mi sta mi sta dando molto. Però al di là dei grandi maestri, Stella Adler, di Marlon Brando, di Lee Strasberg, di Stanislavskij, penso che il vero modello da seguire sono me stesso, io che ho risolto i miei problemi”.

Quando hai capito di voler fare l’attore?

“Da subito, a 14 anni ho iniziato a frequentare un laboratorio di teatro, c’era il maestro Daniele Nuccetelli, un attore e regista, e mi ricordo che le sue parole mi commuovevano, parlava degli stessi argomenti di cui si parlava a scuola, ma i professori mi annoiavano e lui invece mi emozionava, e quindi mi sono detto che anche io volevo fare questo lavoro”.

Che obiettivi ti poni?

“Il mio obiettivo è quello di diventare un attore internazionale, per il mio profondo amore per il viaggio mi è sempre sembrato fisiologico imparare le lingue, ora sto lavorando su un provino in tedesco, parlo ovviamente l’inglese, il portoghese e ora sto studiano il francese, e dopo mi dedicherò allo spagnolo”.

Sei stato diretto da Marco Bellocchio, cosa hai carpito da lui sul set?

“Ho imparato tanto dopo i primi momenti di emozione. Lavorare su set così enormi ti fa capire come funzionano le cose, i ruoli, la troupe, ma più che altro ho trovato molto interessante il tipo di attenzione che Marco Bellocchio dà ad alcuni aspetti del lavoro, con un’ossessione maniacale del dettaglio. E inoltre la cosa che mi è piaciuta di più di lui, in relazione alla mia idea in futuro di scrivere e dirigere, è che riesce a raccontare a livello anche emotivo storie che sono politiche, sociali, temi cardine della nostra storia e della società. Quello che adoro è la sua vista sia emotiva che politica”.

Senti congeniale un genere in particolare?

“Ho sempre avuto difficoltà a far ridere ed è per quello che mi vorrei cimentare nella commedia, è chiaro, ci sono delle cose che sono più nelle tue corde, ma il bello dell'attore è che può svilupparne anche altre. Secondo me si tratta davvero di trovare i personaggi da raccontare”.

Ci sono dei registi con cui vorresti lavorare?

“In questi giorni ho visto “Io capitano”, e ovviamente mi piacerebbe molto lavorare con Matteo Garrone, Paolo Sorrentino, e tornare a recitare per Marco Bellocchio in un ruolo differente. Però mi interessano anche i temi, mi piacciono i film storici, in costume, certo, diretto da un grande regista sarebbe il massimo”.

Cosa stai facendo in questo periodo?

“Sto preparando dei provini, poi sai, il lavoro dell’attore è una montagna russa, sto cercando di scrivere, sto leggendo libri di sceneggiatura pensando a quali storie poter raccontare, mi piacerebbe scrivere un’avventura, o un film sul genere della serie “Mr. Robot”, mi piacerebbe parlare di quanto le nuove generazioni hanno perso un po’ i valori, non hanno eroi, un tempo c’erano tanti modelli ai quali ispirarsi, anche politici, e io penso che sia compito dell'arte, in particolar modo dell'arte cinematografica che è seguita da tutti, dai bambini ai più grandi, di riuscire a proporre dei nuovi punti di riferimento in questa società priva di direzione, penso per esempio a Sebastião Salgado”.

04/10/2023, 09:47