Note di regia di "Soldato Peter"
Questo film intende essere un canto sommesso contro la guerra che continua a insanguinare il mondo riaffacciandosi ormai anche sull’ Europa, che si illudeva di essersene affrancata. La guerra semina morte e distruzione, riaccende la fiamma dell’odio tra simili ed è ingiusta: colpisce soprattutto i più fragili, coloro che non l’hanno concepita e decisa. La guerra sembra scaturire dallo stesso pensiero onnipotente e tecnofilo che ha portato l’uomo a considerare la natura come qualcosa di estraneo e distante da sé, un’entità da sfruttare per trarne un beneficio, economico in primo luogo, fino a creare le condizioni per rendere incerta la nostra stessa sopravvivenza sulla Terra. Guerra e disastro ambientale sono frutti velenosi di uno stesso pensiero.
Prendendo spunto dalla sorprendente corrispondenza tra il nome di un soldato dell’esercito austro-ungarico Peter Pan, morto poche settimane prima della fine della Grande Guerra, e il personaggio del romanzo di J.M Barrie, Peter Pan, il bambino che non voleva mai crescere, il film sceglie la via del racconto fantastico per mettere in discussione la guerra e il suo intrinseco legame con le ideologie e il pensiero dominanti. Protagonista è un candido soldato che diffida del mondo degli ‘adulti’ quanto il personaggio letterario di Barrie e che, nello sviluppo della storia, finisce per intenerire e farsi volere bene. D’altra parte anche nella realtà si ha simpatia per il soldato Peter Pan, sepolto nel sacrario del Monte Grappa: di lui poco si sa ma la sua tomba è oggetto di un continuo tributo di fiori, unico segno di speranza in quel luogo di giovani che la guerra ha strappato alla vita e che sono stati presto dimenticati.
Il nostro soldato Peter è come un elfo dei boschi, è un giovane pastore che gli uomini della guerra sono venuti a prendere per portarlo a combattere in nome di qualcosa che non gli appartiene e non capisce.
Dopo avere assistito all’orrore della guerra e aver visto morire Maty, il suo amico del cuore, Peter fugge dal fronte, attraversa le linee nemiche e si trova in Italia, in un mondo che la guerra ha spopolato e che sulle carte gli è straniero e nemico ma che lui sente tanto affine alla sua terra, con i suoi boschi, i pascoli, i monti, gli animali della foresta. Il nostro soldato percorre con cautela quella terra ingombra delle tracce di guerra, che gli portano alla mente con angoscia il tempo vissuto in trincea. Ma gli basta poco per pensare ad altro e così si lascia andare alla natura che gli è così familiare, oppure ricorda i momenti felici della sua infanzia con l’amico Maty (girati in Super8), o si abbandona alle sue fantasie (con i bellissimi ‘live painting’ di Cosimo Miorelli), che lo portano a immaginare la guerra come un drago meccanico che tutto distrugge e che lancia la sua sfida finale a un Re, sua personificazione simbolica della natura, che assomiglia al mitologico dio Pan. Peter teme quella figura panica ma la rispetta, perché sente di appartenere al suo regno e non a quello del drago tecnologico che è il regno degli uomini ‘adulti’.
Interpretato da Ondina Quadri con la leggerezza e il candore di un Peter Pan ‘elfo’ che all’occasione torna ad essere un militare duro e deciso o un ragazzo spaventato, nel suo percorso il soldatino incontra una pattuglia italiana capeggiata da un disilluso Don Chisciotte col suo scudiero (Peppe Servillo e Sergio Bustric), e viene osservato da una Morte pietosa (Benedetta Barzini) che è pronta ad accoglierlo per riportarlo in seno alla natura, il suo ambiente, dove niente mai muore del tutto.
Co-protagonista del film è senz’altro la natura, filmata da Matteo Calore senza estetismi o retorica negli ambienti bellissimi dell’altopiano di Asiago, in Veneto, che fu uno dei fronti più sanguinosi della prima guerra.
Il montaggio (Benni Atria e Alberto Masi) tiene insieme fluidamente i linguaggi diversi di cui il film, nel suo sviluppo, sente la necessità, delineando un racconto simbolico delicato e intenso che trova espressione anche nei suoni (presa diretta di Marco Zambrano, ambienti di Francesco Albertelli, montaggio suono di Francesca Genevois e Marco Saitta, che ha eseguito anche il delicato mix) e nelle musiche, di Giancarlo Schiaffini, su cui si innesta un canto dolente di Bepi de Marzi che ci ricorda che le guerre continuano ancora a seminare morte e dolore dovunque.
Gianfilippo Pedote e Giliano Carli