Note di regia di "Api"
Il rapporto con i protagonisti di “Api” è nato grazie alla ricerca antropologica ed etnografica fatta sul territorio valdostano, ma soprattutto grazie ad un approccio osservativo e pieno di rispetto per il mondo che ho deciso di raccontare. La troupe di lavoro, formata da me e dal fonico Luis Murrighile, e supportata del produttore esecutivo Luca Bich e dal produttore creativo Luciano Barisone, ha lavorato per circa un mese sui territori di Aosta, Pollein e Charvensod. Osservare, ascoltare e rispettare gli adolescenti, passando tanto tempo con loro senza la necessità di doverli dirigere o guidare nel racconto filmico. In questa maniera si è creato un rapporto di simbiosi tra i ragazzi e la camera, un rapporto pieno di confronti, ma anche di silenzi, di osservazione e di curiosità. Ho deciso di attendere i ragazzi, sapendo che li avrei incontrati nei luoghi chiave della loro estate, confidandomi con loro a videocamera spenta e ascoltando i loro bisogni e le loro necessità. Li ho seguiti e filmati avendo molta cura della composizione fotografica, delle situazioni di luce e degli ambienti sonori da raccontare, facendo affidamento su tre elementi fondamentali per il mio cinema: l’intuito, il coraggio e la caparbietà.
Credo che il racconto di un luogo sia prima di tutto il racconto delle persone che vivono quel luogo e, partendo da questa convinzione, ho cercato di mettere sempre la fotografia al servizio della storia e non viceversa, in modo da creare un’etnografia visiva che, attraverso il lungo e laborioso lavoro di montaggio (realizzato assieme alla montatrice Simona Infante), ha dato vita ad un documentario creativo, ritratto di un’adolescenza nascosta, che racconta in maniera ritmica e dinamica il corso degli eventi.
“Api” è un progetto di documentario che fa parte della “Trilogia dell’adolescenza”. Una serie composta da tre documentari che vedono al centro gli adolescenti di tre diverse realtà italiane (Chioggia, Aosta, Napoli) e che hanno in comune la passione per un mezzo di locomozione (barchino, Apecar, motorino), visto non solo come luogo di trasporto, ma anche come elemento di unione e di forza della propria cerchia di amici, come sfida e forma di relazionarsi agli altri. Questa trilogia nasce dalla voglia di raccontare il mondo degli adolescenti da un punto di vista osservativo e costruttivo, con l’intenzione di riflettere sulla vitalità, l’energia e le potenzialità che hanno i giovani, cercando di non esprimere giudizi e critiche, rispettando il punto di vista dei ragazzi e partecipando, attraverso il mezzo cinematografico, ad un momento così importante della loro vita.
Il primo capitolo della Trilogia è ambientato nella laguna veneta, a Chioggia, con il documentario breve “Quaranta cavalli”, presentato in anteprima alla 77° Mostra Internazionale di Venezia (Giornate degli Autori – Premio Laguna Sud) e con un percorso festivaliero ampio (più di 70 selezioni ufficiali) e pluripremiato. Il film narra le scorribande sui barchini a motore nella laguna da parte di un gruppo di ragazzini dai 13 ai 16 anni, guidati dal protagonista Stefanin, un tuttofare che ripara motori e pesca vongole. Durante le sere d’estate, Stefanin si diverte in giro con i suoi amici su barchini con motori da 40 cavalli (potenziati a 60), musica reggaeton ad alto volume e luci led decorative. Alle volte vanno in laguna a corteggiare le ragazze che li aspettano sulla banchina, altre volte fanno un ponte di barche in mezzo alla laguna e scommettono su chi pescherà̀ di più̀ il giorno seguente.
Al secondo capitolo di questa trilogia “Api”, segue il capitolo tre, che chiude il cerchio ma che in realtà ritorna alle mie origini e alla mia terra natale, Napoli, dove l’equivalente del barchino veneto e dell’ape valdostano è il motorino, normalmente classe 125 cc, più comunemente l’Honda SH, il motorino più utilizzato dagli adolescenti napoletani, anche in questo caso soprattutto come simbolo di riconoscimento all’interno del gruppo, di identità tra i ragazzi e di strumento per corteggiare le proprie coetanee. Il capitolo napoletano è ancora in fase di sviluppo (anche per quanto riguarda il titolo), ma seguirà la linea e lo stile narrativo di “Quaranta cavalli” e di “Api”.
Luca Ciriello