In questa storia ho trovato il modo di divertirmi con la macchina da presa. L'alternanza tra interno ed esterno mi ha dato la possibilità di pensare a due modi di riprendere – uno più in movimento, all'interno, per dare vita ad un luogo statico come il teatro e l'altro, più fisso, come se l'esterno fosse più teatrale del teatro stesso. Scrivere con la macchina da presa è un rituale ormai divertente, dove posso sperimentare sempre nuove emozioni da raccontare. E dirigere gli attori (bravi) mi dà la possibilità di essere libero di muovermi come voglio, senza indugi. Col tempo, sento di aver preso una confidenza con il mezzo che non è più solo una vicinanza ma è diventata proprio una intimità e una complicità davvero uniche. Fare la regia di un film come questo ha due importanti costanti da seguire: le emozioni della storia e le mie, che non sempre vanno di pari passo. A volte si distinguono, prendono strade diverse, ma è proprio questo il bello di questo mestiere – e cioè quando tu riesci a dare anima a dettagli, piccoli sguardi, sorrisi che in sceneggiatura non esistevano nemmeno. Questo era il film giusto per affrontare con dolcezza e cattiveria un mondo che conosco bene, e fare un mio personalissimo omaggio al teatro che ho frequentato molto in gioventù, dormendo quasi sempre.
Giovanni Veronesi