ERAVAMO BAMBINI - Quando il passato diventa un’ossessione
Cinque amici d’infanzia, un’estate di mare e di felicità bruscamente interrotta da un fatto di sangue, una vita a tentare di allontanare il passato che ritorna sotto forma di vendetta annunciata.
Presentato nella sezione Alice nella Città all’ultima Festa del cinema di Roma,
Eravamo bambini di Marco Martani (lo sceneggiatore di Notte prima degli esami e La mafia uccide solo d’estate) è un noir malinconico che qualcuno ha già denominato lo
Sleepers calabrese.
E sì perché anche se il film è girato in realtà nei borghi pontini è ambientato nella finzione in Calabria ed offre molte similitudini nella sceneggiatura (firmata dal regista con Massimiliano Bruno e liberamente ispirata a Zero, una testo teatrale di quest’ultimo messo in scena nel 2005) col film di Barry Levinson del 1996.
Cos’hanno in comune un postino poco coraggioso (Francesco Russo), un poliziotto violento (Alessio Lapice), un rapper di successo che si fa chiamare Inferno (Lorenzo Richelmy), una giornalista che sfoga nel sesso rabbia e frustrazioni (Lucrezia Guidone), un tossico con allucinazioni (Romano Reggiani) e il figlio sensibile (Giancarlo Commare) di un politico locale (Massimo Popolizio) che dietro l’aura da pater familias nasconde affari sporchi e prevaricazioni?
Lo scopriremo in un film dolente e in sottrazione che si dispiega su tre piani temporali (l’interrogatorio al commissariato, il ricongiungimento improvviso dei sei amici nel paese calabrese e gli avvenimenti che ne determinano la loro amicizia nata 20 anni prima) tra hit d’epoca e galline da spennare come prova di machismo, fucili rubati in armeria e compleanni da festeggiare, pestaggi e leoni di marmo con qualche vuoto di sceneggiatura (cos’hanno fatto i ragazzini dopo aver assistito alla mattanza?) e un finale sospeso a incorniciare le belle prove attoriali di un cast affiatato e partecipe.
“Il noir ci ha permesso di lavorare sulla tematica delle generazioni a confronto passando da un atmosfera da sogno a quella di un evento traumatico che cambierà per sempre le vite dei personaggi” dice Martani, alla sua terza regia cinematografica dopo Cemento armato e La donna per me. “Il film è una sorta di viaggio all’inferno che scandaglia 20 anni segnati da un trauma. Con i riferimenti al cinema americano degli anni ’70, quello che preferisco”.
“Il lungo e complesso lavoro di scrittura della sceneggiatura” continua Martani “ci ha permesso di mantenere il cuore emotivo del testo teatrale, adattandolo però al mezzo cinematografico con la creazione di nuovi personaggi. Come in un puzzle emotivo e temporale, abbiamo dato vita ad una vicenda di comune brutalità, aspra e improvvisa, come solo la vita autentica sa essere”.
“Il mio monologo a teatro partiva da esperienze familiari” racconta Massimiliano Bruno che ha origini calabresi. “Conosco quel mondo e le sue dinamiche e anche se il testo teatrale era alleggerito da momenti comici in realtà si parla della debolezza a non rinunciare a fare la cosa sbagliata a distanza di anni. Una dinamica infinita di morte che mette in relazione azioni e reazioni con la violenza a farla da padrone. Oggi più di ieri, coi mass media e i social che amplificano ogni gesto a dismisura creando proseliti incoscienti”.
In sala dal 21 marzo distribuito da Europictures.
25/03/2024, 08:12
Claudio Fontanini