Fondazione Fare Cinema
!Xš‚ť‰

Note di regia de "I Sogni abitano gli Alberi"


Note di regia de
LA STORIA VERA E LA VERA STORIA IMMAGINARIA
Una volta scattai una foto. Fu solo uno scatto ingenuo e “rubato” di una donna che si chiamava Anja. Lei viveva a Lucchio, un paesino mezzo abbandonato, aggrappato in cima a una montagna dell’Appennino. Anja si volto’ verso di me, si aggiusto’ i capelli, e accenno’ a un mezzo sorriso. Quando le chiesi cosa stava leggendo, mi fece vedere la copertina di un libro di poesie. La osservai a lungo, ma non riuscii a dare un’etŕ a quel sorriso dolce e malinconico. Viveva da sola, in una piccola casa in fondo a un vicolo, lontana dagli sguardi indiscreti della gente. La salutai con la promessa di farle avere una stampa del mio scatto.
Ebbi l’occasione di tornare a Lucchio solo qualche anno dopo. Portai con me il ritratto per darglielo. Ma quella donna dal sorriso dolce e malinconico non la vidi mai piu’. Era morta nel sonno qualche mese prima. Questo me lo disse “La Giannina”, una signora anziana, che viveva nello stesso vicolo. Giannina mi fece entrare in casa e mi offri’ un caffe’. Ero triste e rammaricato per quello che era successo.
Mi racconto’ la storia di Anja che era tornata dalla Russia insieme al padre (Italiano) e al fratello, dopo la morte della moglie avvenuta a Mosca qualche anno prima. Il padre di Anja era stato un partigiano che riuscě a fuggire in Russia, aiutato dal partito comunista di Togliatti, nell’immediato dopoguerra. Inizio’ a collaborare con i servizi segreti dell'URSS fino a quando non rientrň in Italia all’inizio degli anni 70’. Anja non voleva tornare in Italia e da quel momento inizia per lei un periodo di lunga depressione che la porto’ a tentare il suicidio piů di una volta.
Il padre, in accordo con il fratello, decise di farla rinchiudere in manicomio, quello di San Salvi a Firenze.
Anja uscě dal manicomio grazie alla legge Basaglia del 1978, e da lě la sua vitŕ cambiň radicalmente perché incontrň Libero, il “matto del paese”, dando vita a una struggente storia d’amore.
Ero incantato dalle sue parole, che mi stavano regalando la storia piů emozionante che avessi mai sentito in vita mia. Durante il racconto provai ad immaginarmi il “mondo di Anja”: i suoi gesti, le sue emozioni, il grande amore della sua vita, Libero.
Era tutto troppo forte per non visualizzare e non tentare di imprimere nella mia mente le immagini che avevano il sapore di una fiaba senza tempo, una favola “filosofica/ spirituale”, che la mia fantasia ha poi miscelato in una cornice di un sogno tenero e umano.

TRA REALTA’ VERA E REALE IMMAGINAZIONE
Ho sempre pensato di dare vita a quella storia attraverso un film, in cui le sfumature della finzione mi apparivano sempre piu’ lontane dalla realta’. Avevo il sentimento controverso di vivere una dicotomia di linguaggi: da un lato la storia vera di Anja e Libero, raccontata da Giannina, dall’altro la mia visione di quella storia.
Era legittimo allontanarsi dalla realta’? E in che modo? Questa domanda mi ha tormentato per qualche tempo e alla fine sono arrivato alla
conclusione che la cosa piu’ giusta era quella di rappresentare la vicenda attraverso le emozioni vissute da Anja e Libero. E dato che il loro mondo era un “mondo a parte”, mi piaceva pensare che “quel mondo” fosse giusto viverlo con la totale libertŕ di un pensiero visivo privo di restrizioni “conservatrici”. Questo voleva dire sottopormi a una sfida interiore immaginifica, che mi portava a esplorare visioni senza connotazione temporale e frammenti narrativi irreali nella forma, ma non nella sostanza.

LIBERO NON ERA UN ASSASSINO
“Libero aveva ucciso il padre...”. Cosě si diceva in giro. A nessuno, nel paese, piaceva pensare che fosse stato un incidente.
L’immaginazione, in questo caso, travalica la realta’, creando uno stigma indiretto e un inevitabile squarcio irreversibile nella mente fragile di un giovane “isolato per forza”.
L’amore di Anja lo voleva tenere per sé, lontano dalle dicerie e dai benpensanti, segretamente custodito solo nel suo cuore colmo di oscurita’.
Anja riusciva a soffiare su quelle nuvole nere che avvolgevano la mente di Libero disperdendo la sua inadeguatezza del vivere. Le cure psichiatriche per Libero erano solo servite a manipolare, forzatamente, una mente che aveva solo sete di giustizia e di amore. Libero, dunque, appariva “libero”, solo quando era in compagnia della sua amata, l’unica in grado di capirlo.

UNA RIFUGIO SEGRETO NEL BOSCO
E’ spesso inquietante pensare di vivere in una baracca in mezzo al bosco. La paura dell’ignoto, degli animali/mostri che possono penetrare nella notte per farci del male, la paura della solitudine sovrastata dai rumori della natura. L’inconscio ci rivela degli avvertimenti che sono spesso cupi e che preannunciano la naturale messa in campo delle nostre difese. Tuttavia ho provato invece ad immaginarmi un luogo “metafisico”, in cui si sogna, provando a creare nella mia mente un’immagine iconografica ricca di curiosita’ vitale, colorata, come se quell’angolo sperduto appartenesse a un paradiso di cui tutti vorrebbero un giorno farne parte.
Dunque una visione non apocalittica, ma una tentazione reale di abitare in quel luogo segreto, in cui la forza dell’amore tra Libero e Anja, lo dipinge come un ritorno alle origini di un amore ancora piů grande.

LA FORESTA COLORATA
Mi ha sedotto l’idea di sentirmi protagonista, insieme alla natura, di un viaggio emotivo che attraversa le vite di Anja e Libero, provando a interagire con il loro unico bisogno di avere NON una vita normale, come tutti, ma una vita come tutti vorrebbero, cioe’ priva di uniformita’
collettiva. Anja e Libero dipingono gli alberi intorno alla loro baracca/rifugio, per dimostrare a se stessi e agli altri la loro conquista di liberta’.
I colori hanno iniziato a costellare la mia mente prendendo il posto del racconto “reale” di Giannina, che invece mi ero immaginato in bianco e nero. Stava avvenendo la trasposizione immaginifica della vicenda, in contrasto con la visione neutra e realistica. La foresta, la baracca di Libero e Anja, stavano assumendo un tono vivace e confortevole.
Cosě l’ispirazione del titolo: I SOGNI ABITANO GLI ALBERI, tratto da un verso di una poesia di Alda Merini.
Durante il racconto di Giannina, e’ stato inevitabile non pensare ad Anja come a una persona troppo sensibile per questo mondo e dunque a una donna che si poteva meritare l’amore solamente da uno come lui. Libero aveva trovato la sua libertŕ interiore nell’amore per lei. Dunque, era un amore folle, impensabile e improponibile, e giudicabile, oppure era semplicemente l’essenza della vera natura dell’amore?
Per la sua profonditŕ d’animo, eterea nei pensieri e imprevedibile nei comportamenti, Anja mi ha ricordato Alda Merini, per la sua voglia di esprimersi con attitudini assolutamente personali. Il suo modo di comunicare con il mondo era gentile, dolce, ma, per gli altri, troppo stravagante e viscerale. La passione per la scrittura “libera” e poetica, in tutte le sue sfumature, a volte provocatoria e oltraggiosa, mi hanno riportato alla mente le grandi donne che hanno aperto un sentiero nuovo nel modo di vivere la femminilita’ e la concezione dell’amore. Anja, a suo modo, mi ha insegnato a vedere oltre i limiti imposti da codici prestabiliti.

ICONOGRAFIA UMANA
Avevo appena visto una magnifica mostra di Lucian Freud a Londra e immediatamente ho avuto come una intuizione visiva, un'emozione interiore che mi ha riportato la vicenda di Anja e Libero in un ambito vivo, emotivo e passionale, trascinandomi in una riflessione che riguarda la rappresentazione umana dei suoi quadri.
I personaggi mi hanno ricordato molto la mia immaginaria visione di Libero e Anja, il loro modo di stare insieme, la sfrontatezza di certi atteggiamenti, la gestualitŕ atipica priva di qualsiasi sovrastruttura intellettuale. Mi sono innamorato dell’essenza del loro stare insieme e della semplicitŕ del vivere in tutti i suoi aspetti, intensi e intelligibili, grazie anche alle opere di Freud.

IL PAESAGGIO COME CO-PROTAGONISTA
Mia madre č nata in un piccolo paese vicino a quello di Anja, in una casa in pietra costruita addirittura prima della chiesa (che risale al 1700). L’area appenninica ha il grande pregio di avere un carattere molto personale, a volte duro, impervio, poco accogliente, cosě come la
gente di quei posti. Allo stesso momento mi sono sempre piaciuti i silenzi, i cieli stellati, i rumori del bosco, gli animali che improvvisamente appaiono senza avvertirti.
La storia di Libero e Anja non riesco a immaginarla in nessun altro posto. I volti scarni e vissuti dei boscaioli o delle donne che lavoravano nella produzione del ghiaccio naturale, tutta questa “asprezza” del vivere, si manifestava nella discriminazione, nel pre-giudizio, dell’ignoranza dei sentimenti. Per Libero e Anja era un destino gia’ scritto, soprattutto nel momento in cui Anja si accorse di aspettare un bambino che, purtroppo, non vide mai.

LA DECISIONE DI SCRIVERE UNA STORIA DI AMORE
Quando uscii dalla casa di Giannina ero sconvolto ed allo stesso momento profondamente eccitato all’idea di scrivere un adattamento cinematografico di questa vicenda. Era molto tardi quando chiamai il mio amico Pietro Ragusa per raccontargli tutto. Lui mi disse che era una storia bellissima, ma che l'originalitŕ della vicenda non poteva prescindere dalla qualitŕ della ricerca, in tutti i suoi dettagli possibili, visivi e narrativi.
Ricerca che avremmo affrontato nei mesi successivi. Ci siamo appassionati all’idea di trasformare una Storia Vera in una Vera Storia Immaginaria.

Marco Della Fonte