AMOR - Eleuteri Serpieri: "Il cinema per superare il mio lutto"
La regista romana
Virginia Eleuteri Serpieri sta accompagnando il suo lungometraggio documentario "
Amor" in giro per l'Italia: dopo l'anteprima a Venezia 80, il suo lavoro sta incontrando il pubblico di molte città. Giocando con la parola "Roma" e il suo significato "inverso", attraverso immagini e ricordi privati e non, la regista compie il suo viaggio nel dolore e nell'accettazione del lutto per il suicidio della madre, un viaggio dove realtà, fatti storici, fantasia e mito si fondono in qualcosa di struggente e armonioso.
"Tutto è iniziato da un mio bisogno personale, nato dopo la morte di mia mamma. Volevo raccontare un sogno ricorrente, cui ho dedicato anche un piccolo corto nel 2004,
Piccoli naufragi: ai tempi non ero pronta per un lungo, poi una volta trovata l'idea che pensavo fosse quella giusta, e cioè raccontare tutto attraverso il racconto del Tevere e di Roma, e cioè una storia con la S maiuscola, ho presentato il progetto all'Italian Doc Screenings, nel 2018. Un produttore torinese, Edoardo Fracchia di Stefilm, ha capito la mia idea e ha deciso di produrmi".
Il cinema, mai come questa volta, è stato curativo e catartico.
"Sì, è stato molto utile per me questo film, mi ha fatto uscire dal lutto questo tipo di approccio. Ho cercato prima di affidarmi solo alla ricerca tra gli oggetti personali, per dare un senso al suo gesto, ho anche fatto diversi corti con materiale di famiglia ma non ne uscivo completamente perché era un circolo vizioso, doloroso. A un certo punto ho affiancato al nostro l'archivio di città e fiume ed è diventato meno doloroso, con Roma e con il Tevere è diventato un viaggio che mi ha portato a esplorare tantissime cose".
Come vive Roma ora?
"E' stata una scoperta, ora per me Roma è totalmente diversa da come la vivevo prima. Lo chiedo anche nel documentario a un certo punto: chiudete gli occhi e pensate a Roma, cosa vedete? Fate un viaggio con me, si può fare con ogni città non solo con Roma, è un invito a vederle in maniera diversa, a viverle dando alla nostra visione qualcosa di noi, del nostro passato, delle nostre storie, e poterle immaginare di nuovo perché ci appartengono, non sono cartoline che vanno vendute, che appiattiscono tutto".
Quale Roma le piace di più?
"Ho incontrato molti romani ed erano felici di questo mio lavoro: anche loro soffrivano di aver perso in qualche modo la loro città, di non riuscire più a vederla. Nel cinema del dopoguerra la rivedo, in lavori come "Amore in città", o "Roma città aperta", "Io la conoscevo bene", "Mamma Roma"... di recente solo in "Estate romana" di Garrone ho visto ancora qualcosa di simile. Ultimamente c'è molta rappresentazione che la racconta malavitosa, violenta, una città in cui domina il malaffare, la corruzione... c'è anche questo, ovvio, ma non dimentichiamoci anche la città che cura".
E ora che strada prenderà come autrice?
"Continuerei nella mia ricerca personale molto legata alle immagini, alla ricerca, un viaggio psicanalitco che ci consentono solo le immagini, un viaggio attraverso il tempo... Vorrei fare un lavoro iconografico tra collettivo e personale mettendoci molto del mio, mi piace quando chi fa cinema mette in gioco anche se stesso. Per me è importante che l'autore si metta in gioco, altrimenti mette in gioco solo gli altri e mi sembra un atteggiamento non corretto".
12/05/2024, 08:00
Carlo Griseri