Note di regia di "Aspettando la Rivoluzione"
Ho cercato di raccontare le cose per come stanno, per Napoli e il Napoli la vittoria dello scudetto non si limitava ad un evento sportivo, ma sicuramente a qualcosa di altro.
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Non si può fare pittura con la pittura, né musica con la musica, né cinema col cinema,
né teatro col teatro. Come non si può vivere con la vita".
(Carmelo Bene su e da Tommaso Landolfi, “Rien va”)
Ho provato a fare un inno al cinema con il tifo e a mostrare la gioia del tifo attraverso la tristezza. Un movimento di giustapposizione che muove questi due episodi e rappresenta il dna del film.
L’aria prima della partita era rarefatta e tesa, non si sarebbe detto che si trattava di una partita, c’era un clima da battaglia, una tensione epica, mitologica.
Sembrava di trovarsi nei pressi delle mura dell’antica Troia più che tra quelle di una metropoli moderna e gentrificata, un pathos autentico e che in modi diversi occupava tutto lo spazio come una nebbiolina che rende comunque tutto visibile. Eppure che c’è. La sacralità di una chiesa o il calore di una casa non avrebbero retto narrativamente il pathos di una città perdutamente in festa, c’era bisogno di trovare un elemento dissonante, disospensione.
Hai mai pensato di essere un pedofilo? Hai mai pensato di uccidere i tuoi genitori?
Per tirare dentro un’euforia impensabile ci volevano concetti altrettanto impensabili. E allora ecco che si può parlare di rivoluzione, dalla furia vincente del collettivo che supera sempre le vicissitudini personali. E allora ecco, che bisognerebbe augurarsela, cercarla, che i pesi e le misure non combaciano in questo mondo e quindi almeno, uno la dovrebbe aspettare.
Francesco Niglio