Note di regia del cortometraggio "Finché Morte non ci Separi"
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Finché Morte non ci Separi" è la storia di una donna che vuole farla franca.
Il suo piano non è perfetto, e nella sua grigia smania di rivalsa a tutti i costi non si è preoccupata di diventare il possibile cattivo della sua storia. Ma nella sua improbabile operazione di fuga dalle catene del patriarcato, Lucrezia rimane una protagonista che spero catturi le simpatie del pubblico. Con questo cortometraggio, ho voluto tentare un’operazione simile a quella effettuata da questo personaggio: anche io nel mio lavoro di regista/sceneggiatore sto cercando di farla franca, celare le mie tracce, far perdere nell’illusione lo spettatore più scettico. Un regista non dirige solo gli attori: dirige prima di tutto le aspettative del pubblico. Come un illusionista, o come un maestro del crimine, sceglie accuratamente cosa esibire e cosa occultare, rivelando le sue carte a poco a poco, per poi tradire, scappare e colpire quando meno lo si aspetta. Ogni film è dunque un delitto perfetto.
Da un punto di vista formale, Finché morte non ci separi utilizza il linguaggio del cinema noir. Per quanto riguarda la direzione della fotografia, la squadra guidata dal direttore della fotografia Federico Mastro Mastroprimiano ha voluto creare contrasti e ombre espressive, e si è proposta di lavorare solo con luci fresnel al tungsteno. I personaggi di Lucrezia e Achille alternano i loro ruoli di carnefice e vittima, e si è scelto di rappresentare visivamente questo passaggio attraverso la caduta delle ombre e della luce sui loro visi.
Le musiche originali di Federico Massimi sono in alcune situazioni dolci e nostalgiche, in altre caotiche e minacciose. Il tema principale, utilizzato durante il monologo di Fabiola Guacci e poi ancora nell’ultima scena, è ispirato a Park Avenue Beat di Fred Steiner, brano tratto dalla storica serie tv crime Perry Mason