Note di regia di "Non Riattaccare"
L’incipit del romanzo Non Riattaccare di Alessandra Montrucchio, da cui è liberamente tratto il film, mi ha folgorato. In quelle pagine ho letto l’occasione per portare avanti il mio personale discorso sul noir, realizzando un film essenziale (inteso come qualcosa di cui non si può fare a meno) a partire dai suoi elementi: una persona, una voce e un’automobile. Ci ho letto anche un’altra opportunità: nel romanzo i protagonisti non hanno un nome ed un passato, io li ho cercati rovistando nelle mie esperienze, nelle emozioni e nelle mie paure. Così sono nati Irene e Pietro. Il film racconta la loro storia, durante un viaggio con il piede schiacciato sull’acceleratore. Noi spettatori viviamo ogni istante: non ci sono ellissi o salti temporali. Non ci sono soste. Siamo sempre con Irene, che è presente dalla prima all’ultima inquadratura. Siamo con Irene quando inventa stratagemmi per non fare riattaccare Pietro, seguiamo le sue gesta disperate ed al contempo eroiche. Siamo con lei quando l’indicibile viene a galla, e implacabile costringe i protagonisti a fare i conti con i propri fantasmi. In questa corsa contro il tempo, man mano che l’automobile di Irene macina chilometri, diventiamo testimoni di un viaggio non solo fisico, ma anche interiore, onirico, catartico. Ed è in questo momento che avviene il colpo di scena. Dentro la corsa di Irene, camuffato dalle insidie della strada, c’è il racconto di una grande storia d’amore. Ha proprio ragione Truffaut: dentro ogni grande storia d’amore c’è sempre un thriller!
Manfredi Lucibello