Il documentario
Constantin di Bessarabia nasce da un percorso di ricongiungimento col paese natale e la cultura d’origine del regista
Costantin Rusu.
I suoi ricordi d’infanzia iniziano da quando era in Italia, dove cresce con l’immagine di una Repubblica di Moldova fortemente arretrata, culturalmente e politicamente sottoposta all’egemonia della Russia.
Il processo di costruzione del racconto, scaturisce intervistando il fratello, poi i genitori. I genitori di Costantin infatti, sono nati e cresciuti nell’epoca sovietica, si sono laureati e divenuti genitori, proprio con la separazione dall’ URSS. Il regista, tramite la visione di telegiornali locali, letture di libri e trattati su storia e identità della Repubblica di Moldova, riesce ad analizzare un punto di vista assai interessante, mescolando cronaca familiare, storia e memoria.
Il film viene raccontato tutto in prima persona dal regista, infatti pochi mesi dopo le prime interviste, decide di partire e di documentare il suo viaggio di ritono nel suo luogo di origine. Registra dunque i pensieri, appunta le sensazioni, filma i luoghi e gli incontri fatti durante il percorso.
Costantin decide poi di opporsi alla visione pessimistica della sua famiglia e di fare un film documentario di ricerca che racconta alla fine la solidità delle radici, il legame indissolubile con il proprio passato.
Constantin di Bessarabia racconta dunque gli sforzi di un giovane migrante intento nel trovare la propria identità in equilibrio fra presente e passato. Molto interessanti i materiali di archivio che Rusu utlizza, quasi sempre filmati del padre legati ad eventi privati della loro famiglia.
12/07/2024, 09:01
Duccio Ricciardelli