VENEZIA 81 - "Diciannove", l'età dell'incertezza
I diciannove anni sono un po' uno spartiacque. Quello tra il giovane e l’uomo, tra la Scuola e l’Università, tra la spensieratezza e l’incertezza. Un anno cruciale, in cui riuscire a fare la scelta giusta e trovare la propria strada è davvero complicato. Ma poi, in fondo, chi lo dice che di strada giusta ce ne sia una sola?
A raccontare quell’anno cruciale, in un’opera dalla forte matrice autobiografica, è
Giovanni Tortorici nella sua opera prima “
Diciannove”, prodotta dal regista Luca Guadagnino e vera sorpresa di questa Venezia 81, in concorso nella sezione “Orizzonti”.
Nella Palermo di una decina di anni fa, Leonardo - un bravo Manfredi Marini alla sua prima volta in scena - è in partenza per Londra, dove vive e studia la sorella, e dove dovrebbe iniziare gli studi in economia. Ma del Business a Leonardo importa poco, il suo cuore batte per la letteratura italiana antica. Così, con un rapido stacco va Siena, dove inizia gli studi classici. Ma anche quello non sembra l’ambiente giusto, i docenti universitari sono una delusione, e allora meglio immergersi nella lettura dei classici del passato per fatti propri. Forse anche Siena sembra una gabbia troppo stretta per un animo così irrequieto.
“Diciannove” è un vortice in cui si viene risucchiati, in cui si rimbalza da una città in un’altra in modo ubriacante, in cui ogni singolo movimento della macchina da presa restituisce il subbuglio interiore di un giovane dotato di pensiero veloce, rigore morale e una buona dose di convinta arroganza che lo porta a distaccarsi dagli altri, a cercare lo scontro intellettuale con le generazioni più grandi, o a rintanarsi in un mondo tutto suo, fatto solo di libri antichi e bella lingua.
Per mettere in scena questo straordinario subbuglio, Tortorici opta per una regia che spiazza per audacia e scelte estreme: l’immagine è a volte velocizzata, altre cristallizzata per lunghi secondi, altre ancora permeata di animazioni o di effetti visivi grotteschi e surreali, abbattendo completamente i canoni tradizionali, ma facendolo con mano esperta e sicura. Il tutto affidandosi ad una storia fresca e contemporanea, fatta di riflessioni libere su ciò che vuol dire vivere quell’età, sul valore dello studio, sulla scoperta della propria sessualità, sui limiti e la morale che ci si autoimpone.
Con mano leggerissima e con il puro piacere di giocare e divertirsi con il cinema, Tortorici ha la rara capacità di raccontare una generazione senza mai giudicarla, e di sorprendere scena dopo scena lo spettatore, che non può non lasciarsi trasportare in questo nevrotico viaggio interiore di un diciannovenne alla ricerca del suo posto nel mondo.
30/08/2024, 16:18
Antonio Capellupo