Note di regia di "Timor - Finché c’è Morte c’è Speranza"
Quando ho iniziato a scrivere Timor non sapevo cosa sarebbe accaduto nella storia, avevo dei sentimenti da voler sfogare e mi divertivo a immaginare queste situazioni assurde fatte di personaggi assurdi. Quando finii la prima stesura feci leggere il testo ad Andrea D'Andrea, un amico che reputo uno sceneggiatore eccezionale. Se ne innamorò ed entrò nel progetto come collaboratore. Analizzandola, capimmo che stavo parlando della mia ansia dei 30 anni, del mio sentirmi incompleto e ingabbiato, proprio come Calamaro, il protagonista del film.
Amo Timor perché è un film unico, non saprei accostarlo a nessun altro film legittimamente, soprattutto in Italia. Ha uno spirito tutto suo, osa, diverte ma ha anche la sua oscurità è la sua profondità. È un film a più strati che lo si può vedere a diversi livelli.
Abbiamo cercato di non rincorrere stilemi o regole, è un film anarchico che gioca e vuole osare, ci abbiamo provato in tutti i modi. Di sicuro strizza l'occhio a uno stile più internazionale, americano o inglese. Proprio per le inquadrature o gli obiettivi usati, è molto moderno.
Ho adorato tutti gli attori, credo abbiano fatto un lavoro eccezionale, molto al di sopra della media di qualsiasi film contemporaneo.
Il film è nato per essere girato in modo facile, tutto in una notte, in una sola location in sostanza, perché è il mio primo film e sapevo che avrei incontrato delle difficoltà non da poco col reperimento budget. Lo considero un film che ha saputo essere intelligente, ha sfruttato al massimo tutto quello che aveva, non credo che avremmo potuto fare un film migliore nel contesto in cui è stato fatto, abbiamo fatto il 110%.
Valerio Di Lorenzo