BAFF 22 - Mariano Baino: "Un secondo film, trent'anni dopo"
Ospite d'onore della domenica al
BAFF - Busto Arsizio Film Festival numero 22, il primo diretto da Giulio Sangiorgio, è il regista napoletano
Mariano Baino, per anni residente a New York: l'autore del leggendario "Dark Waters", datato 1993, ha presentato al pubblico lombardo (anche) l'anteprima italiana del suo nuovo progetto, l'opera seconda "
Astrid's Saints", da lui scritta insieme alla protagonista, Coralina Cataldi Tassoni.
Da poche ore si è chiusa la sua esperienza al BAFF, l'anteprima italiana del film dopo l'esordio assoluto all'Étrange Festival di Parigi: come è andata?
Un'emozione incredibile, da tutti i punti di vista! Siamo stati accolti in modo splendido, ci siamo sentiti subito a casa: siamo stati meno di due giorni ma ci mancano già tutti, ci scambiamo messaggi come se ci fossimo conosciuti anni fa!
Anche col direttore, Giulio Sangiorgio, ci siamo visti per la prima volta di persona ma è nato un rapporto bellissimo e genuino: è una persona che fa le cose per le giuste ragioni, ama il cinema ed è convinto di quel che gli piace.
E poi il pubblico, attentissimo, ci ha fornito a fine proiezione delle interpretazioni varie ma tutte valide: il nostro è un film che vuol dare risposte, ma non tutte, e il fatto che abbiano interpretato quel che han visto è prezioso. Hanno fatto attenzione e dedicato del tempo a quel che succedeva, un vero onore per noi: è una cosa rara, richiede un certo impegno.
Sono serviti tanti anni per riuscire a completare il film.
Sì, e a volte ancora non ci sembra vero di esserci riusciti! Pensa che abbiamo chiuso tutto tre giorni prima dell'anteprima parigina... hanno dovuto fare loro il DCP e io l'ho visto finito la prima volta da loro!
Per certi versi, gli anni hanno aiutato a cristallizzare delle cose, se fosse stato fatto cinque anni fa sarebbe stato diverso. Il mio viaggio dal primo al secondo film è durato 30 anni, una vita, e per noi dalla prima stesura di "Astrid's Saints" fino a ieri sera ne sono passati 14 di anni, è servita una vita anche per cercare di farlo.
Questo progetto nasce dall'esperienza di un film che avevamo scritto e che volevamo fare in modo indipendente, ma che poi è diventata una produzione internazionale milionaria, che i produttori - eravamo ai tempi di "Avatar" - hanno voluto fare in 3D! Idee senza nessun senso, viste ora, ma in quel momento abbiamo creduto di poterlo fare lo stesso, anche così.
Quel film poi è uscito come "Hidden", nel 2011.
Fu un'esperienza bruttissima da tutti i punti di vista, siamo anche stati, io e Coralina, per otto mesi in Canada a lavorare. Era un progetto scritto da noi, a suo modo anche un film personale pur se in una dimensione più industriale: è diventato qualcosa di alieno dal nostro modo di concepire il cinema, dalla produzione avevano convinzioni sui film horror molto superficiali... Al quarto giorno di riprese abbiamo abbandonato nostro "figlio", che veniva ucciso davanti ai nostri occhi ogni giorno. Anche il regista che ha preso il nostro posto, poi, ha firmato con uno pseudonimo il risultato finale: ha capito che tutte le cose che noi contestavamo erano corrette.
Fino ad allora pensavo di poter fare il mio cinema in un sistema industriale, lì ho capito che non era possibile: mi pagavano anche benissimo, ma è stata l'esperienza più brutta della mia vita! Mi sono reso conto di dover essere a mio agio per lavorare bene, ma è inevitabilmente un percorso molto più difficile e lungo.
Coralina dipinge, io disegno, abbiamo fatto mostre, installazioni multimediali a New York: il tempo passava, ma sentivo che stavamo arrivando a una situazione in cui i mezzi di produzione necessari per fare un film potevano essere anche i nostri. Abbiamo fatto dei corti e questa idea è diventata certezza: non ci mancava nulla, non servivano più finanziatori milionari.
Anche grazie alla film commission campana, che ha provato ad aiutarci in molti modi, abbiamo trovato un paesino in montagna, in provincia di Avellino, in cui avevo letto che vendevano le case a 1 euro. Ho pensato: magari saranno aperti e disponibili ad aiutarci, e così è stato. Si chiama Zungoli, ha 800 abitanti, è uno dei borghi medievali più belli d'Italia: ci hanno accolto con grande disponibilità, e le location sono state anche di grande ispirazione.
Abbiamo capito che potevamo fare tutto da soli, io e Coralina ricopriamo tipo 15 ruoli a testa! Io ad esempio mi sono occupato con lei della scrittura, poi di regia, montaggio, suono, fotografia, effetti speciali... anche per questo c'è voluto molto tempo, abbiamo girato nel 2021. La post-produzione ce la siamo fatta da soli, ma avendo dovuto affrontare in due anni 7 traslochi, per lungo tempo non potevamo di certo lavorarci... ma alla fine ci siamo riusciti, ed eccoci qui.
Parliamo di Coralina Cataldi Tassoni, compagna di vita e di lavoro, che interpreta Astrid.
Coralina è Astrid, ha scritto il personaggio ed è "diventata" lei. Ha anche fatto personalmente tutti gli oggetti e i disegni che si vedono nel film, era in vera simbiosi con il personaggio.
La scrittura l'abbiamo fatta insieme, sul divano bianco del nostro appartamento di New York, parola per parola: un'esperienza completamente nuova per me!
Sul set molte cose non dovevamo neanche spiegarcele, essendo così indipendenti non c'era bisogno di avere tutto pronto prima, potevamo anche improvvisare quando serviva, è stato un processo molto organico anche da questo punto di vista. Lei era in grado di fare anche dei take di 12-13 minuti, io con la camera dovevo coordinarmi a lei, andarle dietro: è stato bellissimo.
Sono passati trent'anni e più dal suo lungometraggio d'esordio, "Dark Waters": ora che è stata presentata la sua opera seconda, cosa prova ripensando alla prima?
Nei ricordi tutto ciò che abbiamo passato per realizzarlo, è che è ormai nei libri di storia, anche le cose più drammatiche e negative sembrano belle. L'ho realizzato a 26 anni, ero molto giovane (anche troppo per molti critici, che credevano fosse opera di un regista più maturo): per fortuna, direi ora, così dopo trent'anni sono comunque ancora in tempo per farne qualcun'altro.
Non ho aspettato apposta, ovvio, ma per fortuna era un film senza tempo che è ancora apprezzato oggi: per come l'ho fatto e pensando che ero all'esordio ne sono molto orgoglioso, sono contentissimo poi che continui ad essere riscoperto. La cosa principale è vivere abbastanaza a lungo per vedere che succede poi!
Ci insegnano che la vita deve essere lineare, fare un gradino alla volta, la metafora è sempre questa: io voglio fare cinema da quando ho 8 anni, se ci pensi il primo film l'ho fatto dopo un'eternità, ero ancora giovane ma io avrei voluto già farlo a 9 anni!
Non è un blockbuster, non è così famoso ma ha un vero seguito ed è rimasto negli anni, ne sono felice. Mi identifico in Clint Eastwood, spero di fare film fino a 90 anni e oltre, ma anche di farli un po' più rapidamente di come è andata finora...
30/09/2024, 18:34
Carlo Griseri