Note di regia di "Mosto"
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Mosto" è una storia di formazione che si insinua nell'universo del realismo magico, arricchendosi di stilemi del genere horror. Al centro troviamo il percorso di crescita di Elio, che è alla ricerca dell’uomo che vuole diventare, confrontandosi con il modello di mascolinità tossica del padre. L’ispirazione per l’atmosfera intrisa di mistero e ansia viene da horror come Il sacrificio del cervo sacro o Babadook, che hanno al centro tragedie familiari. La tradizionalità e semplicità della vita contadina italiana, invece, avvicina il corto a una pellicola come "
Le Meraviglie" di Alice Rohrwacher. Un connubio di generi inedito, che rende possibile affrontare in modo efficace un tema difficile come la violenza domestica. Questo tema oggi, in un panorama in cui femminicidio e violenza in famiglia sono in prima pagina, è più urgente che mai. La narrazione però non vuole essere una denuncia pesante ed inefficace. La metafora del vino che si trasforma in sangue permette di creare scene avvincenti che tengono lo spettatore incollato allo schermo, trascinandolo in una situazione familiare disastrosa, come quella che molti vivono nella realtà. Il finale propone un messaggio d’amore, perché l’obiettivo dei registi è quello di trasmettere forza e speranza agli spettatori che vivono emozioni simili a quelle della storia e non trovano la forza di liberarsi.
Il film è stato girato interamente in location, per catturare l'autenticità di un’altra grande protagonista: la campagna veneta. I registi, originari di questa affascinante, contraddittoria e dolorante terra, desideravano racchiuderne il folklore, le usanze, il dialetto e la musica tradizionale. Il risultato è uno spaccato quasi documentaristico che può affascinare uno spettatore che non conosce questi luoghi, anche a livello internazionale.
Vernante Pallotti e
Daniele Zen