Note di regia di "Ago"
Un film dedicato a Giacomo Agostini richiede una riflessione profonda e un grande rispetto , non solo per la statura del personaggio, ma per ciò che ha incarnato nell’immaginario collettivo. Agostini è stato l’eroe di un’epoca in cui la società vedeva nel mezzo meccanico un simbolo irrinunciabile di progresso e libertà. Negli anni Sessanta e Settanta, l’automobile e la motocicletta non erano semplici strumenti, ma simulacri di una modernità che pulsava al ritmo delle sfide e dell'innovazione tecnologica. In quel periodo, il rombo dei motori, l'odore della benzina e l'asfalto che si consumava sotto le ruote rappresentavano quasi un rito sacro, un credo che trovava in Agostini la sua più pura incarnazione. Il mezzo meccanico, trasformato in un’estensione dell’uomo, divenne il tramite attraverso il quale si misuravano coraggio, audacia e immortalità. Giacomo Agostini era il "migliore", il pilota che osava sfidare la morte, uscendo sempre trionfante. Era colui che attraversava il fuoco dell’inferno senza esserne toccato. Un moderno Parsifal che, con ogni vittoria, confermava la propria leggenda. È questa audacia che ha scolpito il suo mito, in un’epoca in cui la morte non era solo un’eventualità, ma parte integrante dello spettacolo, un’attrazione oscura che conferiva al motorismo sportivo un fascino che oggi ci appare quasi inconcepibile. Partendo da questi elementi, Giacomo Agostini ha scelto di raccontarsi in prima persona, accompagnato dalle testimonianze di giornalisti, colleghi e personaggi illustri. Ne emerge il ritratto non solo di un campione, ma di un mito assoluto, un uomo che è riuscito a lasciare un'impronta indelebile nella storia del motociclismo.
Giangiacomo De Stefano