Note di regia di "Fino alla Fine"
La vita è il risultato delle scelte che facciamo.
Fino alla Fine è il mio tredicesimo film. Sono volati i 27 anni in cui mi sono immerso in questo mestiere; anni intrecciati alla mia sensibilità per l’animo umano e le sue dinamiche, drammatizzandole e creando così personaggi che potessero prendere vita propria, permettendomi di vivere assieme a loro molteplici vite. Personaggi inesistenti, incarnati da attori che, come Pinocchio costruito dal suo Geppetto, diventano sullo schermo persone reali in carne e ossa, immortali. Una volta che il film sarà finito, quei personaggi, quelle schegge di vita, certe frasi, resteranno per sempre lì, ferme nel tempo, capaci di dialogare con il nostro inconscio, scatenare pulsioni, vivificare i nostri ricordi, i nostri sogni, la nostra inesauribile brama di vivere la nostra vita un po’ come quella che sceglie di vivere Sophie.
Questo è il motivo per cui faccio cinema. Da bambino, incantato da centinaia di film visti in un cinema d’essai, ho perseguito l’idea di fare film per raccontare il mondo che assimilavo, portando il cinema nella mia vita e la mia vita nel cinema. In un'epoca in cui le esperienze sono sempre più mediate da uno schermo, ci stiamo schiantando contro l’evidente, profondo e vitale bisogno di vivere pienamente, coinvolgendo corpo e mente per esplorare i limiti e spingerci oltre. Vivere davvero, senza rimorsi, senza pentimenti, gettando il cuore oltre l’ostacolo... perché si vive una volta sola. In Braveheart, c’è una famosa frase che recita: "Every man dies, not every man really lives" (Tutti muoiono, non tutti vivono davvero), e riassume lo spirito guida che muove il personaggio di Sophie. Prendendo la vita di petto, vivendo con questa attitudine, si rischia anche di farsi male. Ma dai primi affreschi nelle caverne, l’indole umana è sempre stata attratta dall’ignoto, dalle sfide, dalle imprese che portano fuori dal perimetro della zona di conforto.
Fino alla Fine non vuole essere semplicemente visto, ma vissuto, perché tratta di ciò di cui le nostre vite hanno un silenzioso e costante bisogno: la spinta a superare le barriere, a non accontentarsi di un’esistenza preconfezionata e programmata. In un momento senza precedenti nella storia dell’umanità, in cui tutto appare globalmente organizzato, pianificato, gestito sopra le nostre teste, i viaggi, un tempo avventure spontanee, sono ora ridotti a itinerari predefiniti low-cost da postare e condividere sterilmente sui social. Eppure, dentro di noi, sopravvive una parte antica e ribelle, che si oppone all’idea di vivere come spettatori passivi di vite e realtà altrui che mai saranno nostre.
Sophie
È da questa idea che nasce la protagonista di Fino alla Fine, Sophie (Elena Kampouris), una ragazza americana che incarna, nell’arco di 24 ore, una forza vitale e indomabile. Sophie ha vissuto i suoi primi venticinque anni rinchiusa in un bozzolo, ossessionata dall’idea di diventare una pianista di primo livello. Si è dedicata a infinite ore di studio inseguendo un’ambizione, un sogno... per poi scontrarsi contro il muro della realtà quando non riesce a passare un esame fondamentale al Conservatorio. Quel talento che aveva sempre creduto di possedere le si sbriciola sotto i piedi. Sophie sente sulla sua pelle la frustrazione e il dolore per aver perduto più di metà della sua vita dietro a castello di grandi progetti che si dissolve polverizzandosi e lasciandola svuotata e senza più orientamento. La recente perdita del padre e il viaggio in Italia con sua sorella Rachel (Ruby Kammer), che cerca di tirarla fuori dalla depressione e pensieri suicidi in cui è scivolata, sono la premessa del grande viaggio di Sophie. Un viaggio da cui improvvisamente realizza di volersi liberare, scardinando il cancello interiore che la tiene prigioniera di una vita che non vuole più vivere.
Appena arrivata a Palermo, Sophie incontra in mare un gruppo di ventenni: Giulio (Saul Nanni), suo coetaneo, orfano di entrambi i genitori, che vive con i nonni a Palermo. Con lui, Sophie incontra anche i suoi amici siciliani: Komandante (Lorenzo Richelmy), suo fratello Samba (Enrico Inserra), e Sprizz (Francesco Garilli). Questo incontro, il colpo di fulmine con Giulio, sarà la detonazione che accenderà la miccia esplosiva della sua anima ribelle e indomita.
Scelte e Libertà
Ogni scelta che Sophie farà nel corso delle irripetibili e fatali 24 ore raccontate nel film, la vedrà non più spettatrice della propria vita, ma protagonista attiva, decisa a camminare sulla linea sottile del pericolo e dell’ignoto, vivendo fino in fondo, fino alla fine, fino alle estreme conseguenze, inseguendo la libertà di vivere secondo le sue regole. Solo le sue. La scelta di lavorare con attori prevalentemente poco conosciuti al grande pubblico è stata considerata da me e dai produttori necessaria per permettere allo spettatore di entrare nella storia senza pregiudizi o aspettative legate a volti già noti. La spontaneità, la verità, il grande talento e la presenza di questi ragazzi, per metà adulti e per metà ancora bambini, con tutta la loro asprezza selvaggia e impreparazione alla vita, contribuiscono a creare un gorgo, una vertigine che trascinerà Sophie in un mondo per lei del tutto nuovo e dunque imperdibile. Da spettatori, empatizziamo con tutti loro; li amiamo ancor più quando li vediamo inciampare, li amiamo perché riconosciamo i loro errori e glieli perdoniamo. Anche quando risulteranno gravissimi.
L’arte ha sempre avuto il compito di esplorare il nuovo, di sfidare il passato e di aprire nuove strade. Questo film è un invito a vivere, a scegliere e a cambiare. È un inno alla vita e alla libertà, anche a costo della vita stessa.
La Doppia Lingua, la Doppia Versione
Fino alla Fine rappresenta un progetto unico anche per il modo in cui è stato realizzato. Il film è stato infatti girato in due lingue. Ho voluto creare due versioni distinte e indipendenti: una in inglese e una in italiano. Ho scritto il personaggio di Sophie con l'identikit di una ragazza americana di provincia, di ceto medio-alto e di origini italiane. Nella versione “internazionale”, lei comunica con i ragazzi che incontra in Italia nella sua lingua, ovvero l’inglese. Non volevo però che la versione distribuita in Italia perdesse il contrasto e il dialogo tra due mondi che si incontrano, come accade nella vita, e che si sarebbe perduto con la convenzione del doppiaggio, che necessariamente livella tutto. Per questo motivo, ogni scena è stata girata due volte: in inglese e in italiano. Elena Kampouris (Sophie) ha imparato la nostra lingua, riuscendo a consegnare un personaggio potente ed efficace in entrambe le versioni. Le due versioni del film sembrano effettivamente una la clonazione dell’altra. Questa formula di realizzazione di un film è senza precedenti. Ho inoltre chiesto a Elena di imparare a suonare il pianoforte, e quelle che si vedono sullo schermo mentre esegue l’Étude Op. 10, No. 12, comunemente conosciuta come "Étude rivoluzionaria" di Chopin, sono realmente le sue.
Così parlò Zarathustra
Nella colonna sonora di Paolo Buonvino, verso la parte finale del film, emerge un coro di voci che richiama un requiem, ma che in realtà va ben oltre. È un coro di voci potente, incalzante e apocalittico. È, in forma musicale, la resa dei conti finale dei personaggi con il loro destino. Il testo, tratto da "Così parlò Zarathustra" di Nietzsche, esprime nelle sue strofe, cantate in tedesco, la ricerca estrema e disperata di Giulio e Sophie per sopravvivere al loro fato. "...Io amo colui che della sua virtù fa un'inclinazione e un destino funesto: così egli vuole vivere, e insieme non più vivere, per amore della sua virtù." ("...Ich liebe Den, welcher aus seiner Tugend seinen Hang und sein Verhängniss macht: so will er um seiner Tugend willen noch leben und nicht mehr leben.")
Palermo
Ho scelto di ambientare il film a Palermo per incorniciare questa storia su uno sfondo senza tempo, misterioso e oscuro come le iniziali passeggiate di Sophie e dei ragazzi per i suoi vicoli. Palermo ti risucchia quando cala il sole e pulsa di vita quando il sole la illumina. Palermo, la Sicilia, e la storia stratificata in questa regione, cuore vibrante e luogo antichissimo e ancestrale da cui infinite storie di uomini hanno preso il volo, hanno attraversato e definito il mondo.
Azione e Adrenalina
Fino alla Fine è anche il mio primo film in cui azione e adrenalina si intrecciano così tenacemente con sentimenti primari come la necessità di vivere, sopravvivere e amare fino al limite estremo. I sentimenti dei personaggi sono senza tempo come la loro età. Hanno un’età universale, perché universali sono le pulsioni che li muovono. È un film per tutti, è un film che parlerà a tutti, perché la vita segue le stesse dinamiche da millenni e i sentimenti che muovono i personaggi di questa storia, non hanno età.
Fino alla fine, fino all’ultimo bacio, l’ultima lacrima, l’ultimo sparo sul tuo corpo, l’ultima fuga, l’ultimo ricordo di un futuro già passato.
Gabriele Muccino