Note di regia di "Valentina e i MUOStri"
Ho conosciuto Niscemi, la sua gente e i MUOStri che la assediano, qualche tempo fa. Ne sono rimasto subito colpito e ho pensato di farne un documentario. Il film nasce infatti dalla domanda su come sia possibile vivere in un luogo distrutto da incendi dolosi, discariche a cielo aperto, coltivazioni intensive, eserciti stranieri e da ciò che inevitabilmente portano con sé. Gesualdo Bufalino ha scritto: «Non esiste una sola Sicilia, ce ne sono tante. Il suo destino nei secoli è stato quello di fungere da cerniera tra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, tra la ragione e la magia, temperando il sentimento e il calore delle passioni». [...] Certo, per chi vi nasce dura poco la gioia di sentirsi seduti sull’ombelico del mondo, cui presto succede la sofferenza di non saper districare, tra mille curve e intrecci di sangue, il filo del proprio destino». Tuttavia, Goethe scrisse: «Avere visto l’Italia senza aver visto la Sicilia è non aver visto l’Italia, perché la Sicilia è la chiave di tutto». E se la chiave di tutto, come diceva Sciascia, sta nel contrasto tra la bellezza dei luoghi e la rassegnazione, la solitudine, la natura ribelle della sua gente. Allora, mi chiedo: dov’è questa bellezza? Se rassegnazione e solitudine sono evidenti in questa Sicilia ribelle, disorganizzata, sgangherata, povera, maltrattata, sfruttata, la bellezza è apparentemente scomparsa. Allora dove trovarla? Come si può vivere in questa situazione senza farsi travolgere da sentimenti di rassegnazione? O diventarne complici? È questo il destino di cui parla Bufalino? O forse può esserci uno spiraglio di speranza, un'opportunità di riscatto. Ho trovato una risposta nella famiglia Terranova. Non solo si confrontano quotidianamente con i MUOStri che li circondano, ma rendono anche più vivibile la loro condizione. Le loro azioni, i loro gesti parlano di amore, bellezza e forse chissà anche di una specie di ribellione. Il racconto affonda le radici in una realtà ruvida e tangibile che tuttavia rivela una bellezza inaspettata. In questi ultimi anni di crisi e depressione, un periodo segnato da traumi sia sociali che personali dovuti alla morte di mio fratello, ho maturato l’esigenza di raccontare storie che contengano in sé quel seme di stupore e meraviglia per il mondo che ci circonda. Ho sempre cercato di trovare il linguaggio più appropriato per raccontare con precisione la storia che più mi tocca, libera da ogni dogma. In questo caso, infatti, l’urgenza di raccontare la complessità del territorio attraverso l’osservazione si intreccia con la fantasia del racconto. Partendo dalla quotidianità della famiglia - come la cura delle piante grasse di Salvatore o la creazione maniacale di rose di lana di Valentina e il suo amore totale per le sughere -, ho introdotto «respiri» di finzione, come le decorazioni floreali all’uncinetto sulle piante sterili del padre. Queste scene «oniriche», esistono per sé, come quadri in sequenza che creano vere e proprie ellissi. Ho scelto un formato 4/3 per dare a Valentina e alla sua famiglia una cornice che consenta loro di diventare protagonisti non solo della storia ma anche dell'immagine. Inoltre, gli immensi alberi di sughero millenari e le pericolose antenne, entrambi svettanti verso il cielo, sono in primo piano nel suddetto formato 4/3. Le immagini sono statiche e gli unici movimenti sono quelli dei personaggi verso la telecamera, come a sottolineare la stasi, l'attesa e spesso l'impotenza di fronte a questi MUOStri, ma all'interno di questa stasi, grazie al frequente utilizzo di macro che scrutano e indagano, si percepiranno movimento, vita, malattia, cambiamento e respiro. Il MUOS rimane sullo sfondo della storia, ma la sua presenza è visibile grazie alle frequenti analogie tra flora/natura e antenne, che creano pause visive nella narrazione, così come gli altri MUOStri (l'incendio, il decadimento e l'agricoltura intensiva). Il suono è molto importante perché è l'elemento che permette allo spettatore di percepire il pericolo delle onde elettromagnetiche in opposizione alla pace del suono della Natura, del respiro degli alberi. Infine, la musica sintetica minimalista serve ad anticipare ed evocare le emozioni dei personaggi, consentendo così una doppia lettura: una più fattuale basata sulle immagini contrapposta al suono anticipatorio più evocativo.
Francesca Scalisi