Ho cominciato a lavorare nel mondo delle consegne a domicilio ben tre anni fa. Forse per l’idea del movimento, forse per la voglia di perdermi nelle vie della metropoli ma soprattutto perché era il mestiere meno complesso per provare a portare qualche soldo a casa. Sicuramente non è il lavoro più gratificante del mondo, ma ciò che in qualche modo lo rende unico è quello di offrire, suo malgrado, uno sguardo impercettibile sulla città, dove i percorsi tracciati da Google Maps ti catapultano nella dimensione videoludica degna di un GTA più Urban e meno criminale.
Gli occhi dei rider sono diversi. Sono abituati a vedere la città sotto un effetto straniante. Si muovono come videocamere di sorveglianza da una parte all’altra della zona di competenza, dove il tempo diventa l’unico indice della propria efficienza, del proprio valore come persona.
È da queste suggestioni che siamo partiti per sviluppare il nostro corto di diploma.
Lavorando sul look onirico della città notturna attraverso le riprese deformate e sporche delle gopro, abbiamo cominciato a ragionare sulle modalità di ricezione e trasmissione del ruolo del rider, in totale contrapposizione alla staticità “da scatola nera” dell’altro punto di vista adottato nel corto, ovvero gli occhi della protagonista Flavia, che rivede nel Rider 48 la proiezione di una vita ormai sull’orlo del baratro.
Lorenzo Levach