Emanuele Martorelli ha presentato in anteprima ad Alice nella Città il suo corto in stop motion "
L'idea", la storia di un uomo che, pronto a partire, sembra incapace di lasciare la propria stanza per raggiungere la vicina stazione ferroviaria.
Emanuele, che esperienza è stata quella del festival romano?
Estremamente inaspettata! Quando lavoravamo al corto eravamo certi che la sua circolazione sarebbe stata solo all'estero, è un lavoro che non si uniforma alle tendenze italiane del momento: essere lì è stata una sorpresa enorme.
Il nostro è un lavoro tutto artigianale, tutto è stato costruito materialmente, e ha una struttura narrativa molto particolare: ora abbiamo già un paio di festival all'estero in cui portarlo, il viaggio comincia.
Quanto ci è voluto per realizzare il corto?
Tre anni per fare tutto, per sei minuti di film: lo abbiamo voluto muto, così crediamo possa arrivare a più sensibilità. "L'idea" è costruito su due elementi, l'allegoria e la metafora, che in Italia sono quasi ignorati in questo periodo, toccano corde intime.
Questa è stata la mia prima esperienza con la stop motion: era una mia passione ma non l'avevo mai intrapresa perché la ritenevo troppo impegnativa. Avevo ragione, ma in questo caso avevamo una produzione e qualche finanzialmento, potevamo provarci davvero. L'ho scelta perché la trovo fortemente evocativa, anche perché per farla si usano materiali, come la carta, che abbiamo sempre intorno a noi seppur con altre finalità.
Quali ispirazioni ha avuto?
Il cinema di Jan Svankmajer di certo, ma anche Bruno Bozzetto, che ho sentito fin dall'inizio di questa avventura ed è stato per me prezioso.
Per quanto riguarda il tema sapevo che poteva essere una trappola, era pericoloso per me perché molto vicino a mie cose intime che stavo vivendo, corrispondeva a un mio periodo di impasse che non superavo: ancora a giugno di quest'anno ero convinto che la natura del progetto lo dovesse per forza portare a restare incompleto...
Come è arrivato a questo progetto?
Ho sempre fatto cose di nicchia, ma all'interno del mainstream. Lavorare a questo modo mi ha estraniato dal contesto. Il corto parla delle conseguenze delle idee: possono essere un ponte che ti libera ma anche una prigione in cui sentirsi rinchiusi, se pensi che poi ho sviluppato tutto durante la pandemia, vivevo una chiusura nella chiusura.
Ho sempre giocato alle costruzioni, al Meccano: sono convinto di aver messo bene insieme tutti i pezzi e aver costruito qualcosa che funziona.
11/11/2024, 09:43
Carlo Griseri