FESTIVAL DEL CINEMA EUROPEO DI LECCE 25 -
Mario Verdone: Il critico viaggiatore
Un’anteprima speciale a Lecce dedicata alla figura di
Mario Verdone con il documentario diretto da Luca Verdone che ripercorre la vita e la carriera del critico e studioso. Una produzione Iterfilm con Luce Cinecittà in collaborazione con Rai Cinema.
Attraverso una narrazione dialogica nel documentario “
Mario Verdone: Il critico viaggiatore”, diretto da Luca Verdone, e presentato alla 25esima edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce, dopo l’anteprima alla Festa di Roma, viene ripercorso l’intero arco della vita di Mario Verdone: l’infanzia e l’adolescenza trascorse a Siena, la sua passione per il Circo, la Biennale di Venezia, di cui fu il selezionatore, Roma e il lavoro al Centro Sperimentale di Cinematografia. E poi il legame con Sabina che diventa il posto dei ricordi: quelli vissuti con la moglie e gli adorati figli Carlo, Luca e Silvia. Un ritratto “sentimentale” di una figura fondamentale della critica, ma anche il ritratto di un’epoca che ha reso famosa l’Italia attraverso il suo Cinema.
“Io sono un romantico di carattere, sono un nostalgico”, ha dichiarato Luca Verdone in conferenza stampa a Lecce, “tutto quello che sperimento, le cose alle quali ripenso sono le uniche che mi danno sollievo e piacere e che mi consolano rispetto alle brutte cose che vedo al mondo oggi, non per questo sono un conservatore, guardo sempre avanti come mio padre, ma riconsiderare quello che è successo qualche decennio o trentennio prima è per me consolatorio. Per questo motivo ho fatto un ritratto di mio padre con Laurentina Guidotti (produttrice con Iterfilm), lei mi ha dato il supporto, è una produttrice seria, l’ideale per me. Siamo riusciti a rituffarci i in questo passato meraviglioso, quello degli anni ‘60 e ‘70, con le scoperte delle avanguardie, le nuove arti, cosa che mio padre ha incoraggiato enormemente, studiando a fondo il Futurismo, per esempio, riabilitandolo, dimostrando che l’equazione Futurismo – Partito Fascista era sbagliata attraverso il lavoro di analisi dei collaboratori di Marinetti. È stato un tuffo nel passato che mi ha arricchito”.
Uno degli intellettuali più importanti del ‘900 italiano, un archivio sterminato, libri, collaborazioni, tanto materiale da selezionare: “Abbiamo dovuto fare delle scelte”, ha continuato Verdone, “cercare di limitare all'essenziale tutte le collaborazioni, i campi di studio che lui ha esplorato, questo è stato particolarmente difficile perché certe cose non le abbiamo citate, ci è mancato il tempo, bisognava capire e approfondire il motivo del suo eclettismo, della sua poliedricità, non abbiamo potuto approfondire in merito ciascuna voce, infatti io ho proposto una seconda puntata, ma non credo sia possibile”.
“Quello che è la novità di questo documentario”, ha continuato la produttrice Laurentina Guidotti, “questa analisi critica del critico, della sua storia, è l'umanità che emerge. Mario Verdone viene presentato con enorme amore da parte dei suoi figli, e questo racconto famigliare con quello critico e storico del personaggio è la chiave del successo di quest’opera, è stato il motore che mi ha spinto a fare questo documentario, il rapporto tra Carlo, Luca e Silvia ha dato quella peculiarità che non è tanto comune nelle biografie”.
“Oggi noi vediamo delle intermittenze nella connessione umana tra le persone”, ha spiegato il regista, “c'è una mancanza di empatia, di partecipazione, a livello lavorativo, a livello di rapporti, la nostra è l'epoca dell'esclusione, c'è un'indifferenza a tutto, in nome del consumismo, del successo, del denaro. Mio padre come altri della sua epoca sono state persone avulse da tutto questo, la prima attenzione che loro ponevano all’infuori di sé stessi era l’empatia con le persone che frequentavano, con le quali interagivano, erano appassionati alla cultura da un punto di vista umano, non consumistico o industriale come oggi. Raccontare di mio padre è raccontare un uomo diverso, quasi alieno da un certo punto di vista. Come critico era severo quando non vedeva elementi di armonia o novità nei film che studiava, se lui non trovava innovazione non era molto malleabile, molte cose non gli piacevano, era rigoroso, lui vedeva il cinema come un’opera d’innovazione ma compatibile con una forte cultura umanistica. Oggi la figura del critico si identifica con quello che ti giudica se puoi pubblicare o no un’opera in base a criteri commerciali, e lui era avulso da questo modo di procedere, le cose o gli interessavano o no. Mio padre era l’entusiasmo fatto persona, entusiasmo per il piacere, per la bellezza di vivere, di assaporare dei concetti, dei contenuti che lo esaltassero, per lui il motore della vita era l'entusiasmo, la passione”.
15/11/2024, 19:08
Caterina Sabato