ATANOMIA DI UN MASSACRO - Una storia di violenza
e incomunicabilità in giovinezza
Sulle note di "
While my guitar gently weeps" dei Beatles, leitmotiv del film, comincia il breve e oscuro "
Atanomia di un Massacro" di
Michelangelo Bertocchi, una storia di violenza e incomunicabilità in giovinezza. La scena iniziale corrisponde, invero, al finale della storia. La location è un istituto scolastico imprecisato, alieno e kafkiano, fotografato in bianco e nero: è il luogo in cui si esprime un viavai di rappresentazione tra sogno e didattica, video musicale rockettaro e pura narrazione, documentario d'osservazione e poesia in immagini.
Ad uno studente artistico e fantasioso (Bertocchi, il regista) viene commissionato un video promozionale per la scuola stessa. L'incubo di una tragedia studentesca è dietro l'angolo, nelle fantasie di uno studente con un deficit cognitivo e negli occhi di due studenti disperati e oscuri (due novelli e italici 'Columbine Shooters'), veri protagonisti di questa "atanomia" insieme alle loro turbe. Il disagio e il degrado è negli occhi e nelle parole dei personaggi, più che negli animi ribelli e nelle loro complessità; ma il luogo in cui è ambientato il film, questa scuola-mondo che è nel contempo discarica, centro sociale, municipio, orfanotrofio e vicolo cieco, è un suggestivo teatro per un incasellarsi di situazioni sconnesse.
La regia, pur imprecisa e confusa, ma evita la pura goffaggine affrontando abbastanza bene i limiti tecnici (soprattutto nell'audio), con una ricchezza di idee che dimostra uno sguardo libero nella rappresentazione, con una regia che interpreta e rielabora Jarmusch, Kassovitz, Gus Van Sant più che qualsiasi regista italiano, e un testo ambizioso che di sicuro cita la "
Casa Usher" di Poe, ma forse anche "
Nodi" di D.B. Laing.
È un lavoro da stimare, anche perché la recitazione è sostituita da una disarmante vitalità, e da una costante ricerca di istanti e immagini espressive, uniche a questa storia - ed è un lavoro iper-giovane di auto-rappresentazione, e in quanto tale a prescindere un documento interessante per il sentimento del nostro tempo. Il film rischia e raschia, ma dà il suo spazio a ogni studente, volendo creare una costruzione cinematografica intorno a ciascuno, e così diventa un'inedita invenzione scolastica, ma anche un oggetto quasi antropologico. Le idee cinematografiche veicolano i significati più del dialogo e danno un'idea di cos'è la scuola più di ogni parola, e invece di "fare lo spot dell'istituzione"
Michelangelo Bertocchi è riuscito a fare un ritratto corale dell'interiorità del corpo studentesco.
28/12/2024, 16:37
Nicola Settis