COSE CHE ACCADONO SULLA TERRA - Cinque: "Ho
scoperto il selvaggio West in Italia"
Michele Cinque sta accompagnando in tour per sale e festival, in Italia e all'estero, il suo progetto più recente, "
Cose che accadono sulla terra".
Come hai conosciuto i tuoi protagonisti?
Come spesso capita il caso guida le decisioni della vita: da tempo volevo fare un film su temi ecologici, ma volevo un film su chi si sporca le mani con la natura, con la terra, che non guardasse nessuno dall'alto. Spesso quello è uno dei problemi di questo genere di lavori, che a volte sono anche catastrofisti: quando li ho conosciuti si è accesa una scintilla, in primis per quest'ambientazione veramente incredibile, non pensavo si potesse trovare in Italia un selvaggio West! Poi questa dimensione un po' utopica, che lega questo lavoro al mio precedente "Iuventa".
Il film a tratti è quasi un western: come lo hai progettato in termini di riprese?
Tendo sempre ad adattare la parte tecnica alla storia, sia per le modalità di ripresa sia per lo stile, ma molto spesso queste scelte vengono da limitazioni, anche i miei film sono operazioni utopiche fatte in due, massimo in tre quando ci sono più risorse. Bisogna sempre adattarsi: in una recensione hanno criticato il documentario perché troppo estetico, c'è l'uso di carrelli... quei carrelli sono fatti con una steadycam sopra un furgone, legati con le corde dei cowboy! C'è un'inventiva dovuta a mancanze finanziarie, come spesso in questo campo. Ho usato la steady anche a cavallo, e sono pure caduto...
Il titolo come nasce?
E' stato davvero difficile sceglierne uno! E' un film che in realtà vive anche di un'assenza di azioni, è un affresco in cui c'è molta quotidianità ma accadono poche cose. Tutto dipende dall'ultima costruzione narrativa, legata a Brianna, bambina, come co-protagonista: con lei abbiamo potuto bucare quella realtà, aggiungere l'immaginazione e l'elaborazione di quel quotidiano così pieno di cose da fare senza troppo pensare. Chi vive in natura vive come in un infinito presente, è difficile trovarne un inizio e una fine.
Come sempre nei tuoi lavori c'è molta attenzione alla musica, in cui hai coinvolto tuo padre, il jazzista Luigi Cinque.
La musica è sicuramente un ambito a me molto caro, sono cresciuto come operatori sui palchi di jazz. L'ho coinvolto in una fase creativa, insieme a Stefano Saletti, per costruire una partitura che in qualche modo a partire dalle immagini. Abbiamo suonato guardandole, improvvisando con delle regole ferree che ci eravamo dati: dovevamo usare le corde, della viola, della chitarra elettrica, del birimbao brasiliano...
Le partiture sono spaziate dal madrigale a composizioni minimali di contemporanea che mio padre aveva suonato negli anni Settanta.
Come sta reagendo il pubblico nelle prime proiezioni?
Bene, siamo appena partiti ma ci aspettano molte date in Italia e anche negli Stati Uniti. La reazione è molto varia, la storia però arriva sempre anche se alcuni commenti dicevano che era troppo intellettuale: il pubblico non vuole solo essere preso per mano, capisce e apprezza.
Il film dice semplicemente che dobbiamo tornare un po' animali se vogliamo ritrovare un vero rapporto con la natura: questo messaggio arriva forte, sono stupito e felice.
01/01/2050
Carlo Griseri