SEEYOUSOUND 11 - GOING UNDERGROUND di Lisa Bosi
Going Underground non è il solito documentario biografico su una band: nell'interpretare insieme ai membri dei
Gaznevada cos'è stata la parabola della loro carriera musicale, la regista
Lisa Bosi tenta un approccio anticonvenzionale e cupo, molto scritto in montaggio, che certamente è unico nel suo genere.
Già dal prologo,
Going Underground di Lisa Bosi appare come un oggetto diverso dal solito nell'ambiente stantìo e agiografico dei biopic e dei documentari a tema musicale. Le interviste ai membri dei Gaznevada sono montate in un lento flusso di inquadrature epiche di paesaggi, con un sound design tenebroso che trascina nelle loro parole il peso del racconto di una storia. Poi dopo il goffo balletto dei titoli di testa, comincia il solito carosello di immagini d'archivio che ricostruisce gli umori e le estetiche degli anni '70, ma con un montaggio insolitamente graffiante.
I ritratti passati e presenti dei Gaznevada sono immagini misteriose e astratte.
Here come the Warm Jets di Brian Eno folgora gli ex-fricchettoni e trasmuta l'idea di musica di questi sfacciati baluardi della controtendenza, poi arrivano il punk dei Ramones e gli ibridi post-punk dei Tuxedomoon e l'ossessione e la fattanza si trasformano in un fantasma sociale rumoroso come pochi. Presto si coglie che
Going Underground non è solo un reportage storico, ma un montaggio alternato tra il documentario e la ricostruzione estetizzante del mito dei Gaznevada, un ibrido tra videoclip e racconto alieno, che entra ed esce dalle esperienze dei Nostri con la droga e i saliscendi della carriera discografica.
Da una musica che è un'apologia dell'eroina alla perdizione di una vita persa nelle conseguenze della musica, il mito viene costruito e decostruito, diventa epico poi senile poi culturale poi controculturale, in un girotondo che però svela uno sguardo affascinante, intrigato dall'enigma di queste persone — Lisa Bosi cerca di cogliere la verità dei Gaznevada trasformando e discutendo la loro immagine e le loro parole, interessandosi definitivamente più a loro come uomini cresciuti in un certo ambiente culturale piuttosto che alla musica della band, che scompare in sottofondo rimanendo più storicizzante che simbolica. Contro tutto e contro tutti, marci, ambiziosi e ubriacati dalla loro stessa «benza», i Gaznevada scompaiono tra un taglio e l'altro in un montaggio frammentato che li rende fantasmi. Eppure ogni loro aneddoto è così vivace e indisciplinato, da lotte con la polizia a sputi del pubblico, e via via il nome della band diventa sinonimo di un baratro infernale di stupefacenti e disordine.
«
E la vita non è che un perdersi tra allucinazioni varie». Ci sono poesia e decadenza nello sguardo di Andy Nevada e degli altri, e i gelidi ritratti a loro dedicati dalla regista rispecchiano la farmacologica stasi dell'anima e del tempo — la musica è spesso un pretesto, poiché è nell'attitudine che ha la genesi il punk giovanile aggressivo del gruppo, e con esso l'innovazione che si espande anche verso altri generi, spaziando fino alla cosiddetta italo-disco fino a scomparire in un'identità vaga e sfuggente. Finisce con le parole di "Pompeo" di Andrea Pazienza.
23/02/2025, 09:58
Nicola Settis