PORDENONE DOCS FEST 2025 - "Immortals",
il coraggio dei giovani in Iraq
Baghdad, 2019. Milo e Mohammed, sceneggiatori di
Immortals insieme alla cineasta svizzera Maja Tschumi, sono nei loro vent'anni nel periodo successivo a Thawrat Tishrīn, la lunga mobilitazione - detta anche Rivolta d'Ottobre - che alla violenza di stato rispose occupando un'area della città di circa due kilometri, trovando il consenso della società civile al di là delle differenti appartenenze politiche e riuscendo a far crollare l'élite al governo.
I giovani tishrini respingevano infatti il settarismo, il modo di intendere la patria, la corruzione, l'attitudine repressiva della polizia, dando vita a sommosse che vanno inserite in un ampio contesto che molti media occidentali chiamano tuttora "Primavere Arabe". I protagonisti di Immortals sono ugualmente accomunati da un desiderio di pace, essendo cresciuti in un paese che nell'arco degli ultimi quarant'anni è stato in guerra prima contro l'Iran, poi contro il Kuwait, invaso da una coalizione guidata dagli Stati Uniti, lacerato da conflitti interni, coinvolto nella guerra in Siria e ha sconfitto l'Isis sul campo.
Molte sequenze del film proiettato a
Pordenone Docs Fest e premiato recentemente al Festival di Soletta sono state ri-create (per questioni di sicurezza, per evitare la censura o tutelare la privacy) per rendere più comprensibile la realtà vissuta dai protagonisti. In particolare, Milo è un'attivista femminista che spera di ottenere un nuovo passaporto per lasciare l'Iraq e vivere la sua queerness senza correre quegli stessi rischi che temporaneamente può sperare di evitare vestendosi come un uomo. È stato suo padre a sottrarle il documento, confermando come famiglie e comunità di origine decidano di intervenire in modo ancora più repressivo dello Stato, dal momento che - come spiega un'avvocata - «le autorità sono deboli». La volontà di migrare è condivisa con altre donne che la pratica politica quotidiana le ha fatto conoscere, ma non con la fidanzata Avin. Migrare all'estero è un diritto, ma può essere considerato anche un un atto di egoismo? Questo è uno dei pensieri che si fanno strada in una discussione, nel corso della quale Milo prevede che presto sarà «peggio che in Iran» e fa presente ad Avin che potrebbe salire al potere un governo islamista, con conseguenze nefaste in tema di diritti, soprattutto per le donne e le minoranze non eterosessuali o religiose.
Il secondo protagonista del documentario è Mohammed Khalili, reporter munito di una videocamera GoPro, una Sony e uno smartphone. Commentando l'orrore che i suoi occhi hanno testimoniato si giudica «non abbastanza determinato» nel periodo della guerra contro l'Isis. Ricorda il giorno in cui è stato colpito da un proiettile mentre aiutava i manifestanti e sentiva che «con la fotocamera finalmente tutto era possibile», perché le immagini che diffondeva si erano rivelate fondamentali per la crescita del consenso nei confronti della Rivoluzione in piazza Tahrir. Anche nel suo caso la famiglia disapprova, ma nel 2022 sente che tornare in quella piazza è doveroso.
Attestandosi come la più grande rivolta anti-establishment in Iraq nel 2003, il movimento romperà con i sadristi, pagherà il fatto di non aver costruito una leadership unica e forte (non ha definito un proprio futuro nelle istituzioni ed è piuttosto un coordinamento tra le tante persone accampate nelle tende) e non avrà una propria rappresentanza tra i candidati alle elezioni del 2021, ma nella Storia irachena sarà rivelatorio: mostrerà, ad esempio, come la società civile sia oggi più interessata al rispetto delle libertà individuali, lontana dal confessionalismo, così come dalle ingerenze straniere - che si tratti dell'Iran, degli Stati Uniti o di altri soggetti.
Considerato lo scarso livello di approfondimento riservato dai media occidentali mainstream alle questioni che nascono nei paesi arabi alcuni spettatori del documentario diretto da Maja Tschumi potrebbero non conoscere il quadro di partenza, ma uno dei meriti di Tschumi sta senz'altro nell'aver individuato due personalità (due protagonisti principali) in grado di restituire la portata della sollevazione popolare ed i suoi effetti concreti nella vita quotidiana di chi l'ha sostenute ed osservata, ma anche di chi in Iraq ancora opta per la comprensibile scelta di non esporsi troppo o nascondersi del tutto. Immortals è dedicato a chi ha dato anima e corpo nella zona di piazza Tahrir, dove la polizia ha causato 787 morti e oltre 23 mila feriti. Pordenone Docs Fest l'ha presentato in anteprima italiana, all'interno di una selezione in linea con la posizione espressa dalla sua direzione in occasione del lancio del programma: "Questo festival ripudia la guerra", accompagnata da film che raccontano cosa resta dell'umanità in Palestina e in Ucraina. Mentre Commissione Europea e Stati Uniti preparano un ingente riarmo, il cinema del reale ci ricorda le conseguenze di simili piani e la necessità individuale e collettiva di scegliere da che parte stare.
Chiara Zanini07/04/2025, 08:23