Note di regia di "The Truth on Sendai City"
L’aspetto affascinante di questa tecnica è l’infinita libertà di citazione come effetto diretto del continuo lavoro di manipolazione di linguaggi differenti: partendo dal mondo del cinema italiano degli anni ‘60 (da qui l’idea anche di dar voce ad uno dei personaggi con l’attrice Barbara Steele), dai b-movies degli anni ottanta, dall’universo dei fumetti, creo un mash-up di linguaggi, decontestualizzo e ri-assemblo per creare qualcosa di nuovo, che è molto diverso dalla semplice somma delle due parti. Qualcosa di nuovo e diverso nasce anche dalla commistione delle tante razze presenti in questa città-mondo, in cui ho accentuato le diversità per sottolineare l’impellente necessità di fare i conti con l’integrazione.
The Truth on Sendai City utilizza i topoi della fantascienza e li usa come pretesto per parlare delle grandi tematiche contemporanee: le mutazioni genetiche, il rapporto uomo-macchina, ma soprattutto l’uso politico della propaganda e la tendenza, sempre più attuale, di considerare la guerra come l’unico mezzo per portare la pace.
The Truth on Sendai City è per me il punto di svolta di un lungo percorso iniziato molti anni fa. Ho studiato e lavorato per molti anni in Inghilterra e questo mi ha portato a mescolare arte contemporanea e fantascienza: utilizzando media diversi, che spaziano dal disegno alla fotografia, il mio interesse principale non è mai stato l’oggetto in sé, quanto dare vita ad una sovra-opera che contenesse tutte le altre.
Per anni, ogni mio progetto fotografico, pittorico e d’installazione è stato un tassello di quel mondo che pian piano si è andato costruendo per diventare poi nel 2014 Sendai City. Sono nati prima i personaggi, poi le astronavi, le vedute della città ed infine i suoi dei. Si è composto un “mondo” che aspettava solo di essere animato, di raccontare delle storie e di prendere vita attraverso il movimento. Per fare questo avevo bisogno del cinema: dovevo adattare i dipinti ad essere fondali, le sculture ad essere scenografia, le fotografie a diventare attori.
Ispirandomi a grandi artisti come Peter Greenaway e Jan Svankmajer, la mia intenzione è quella di realizzare un prodotto cinematografico che prenda le mosse dalla visione artistica: il mio intervento non è solo quello registico, ma si sviluppa nella costruzione fisica dell’oggetto che non esiste (astronave o robot) e nella manipolazione della scena attraverso la pittura dei personaggi e degli ambienti in cui questi agiscono.
L’aspetto caratterizzante è la commistione di differenti tecniche che porta ad un’inusuale animazione mista: le scene d’esterno sono girate a passo uno utilizzando il mock-up della città di Sendai e sono intervallate da disegni, dipinti ed animati a passo quattro.
Marco Bolognesi15/04/2025, 16:19