Sinossi *: Ogni settimana milioni di persone si muovono per andare alla partita: c'è chi giocherà e chi si accomoderà sugli spalti, tifando per la propria squadra. Alla fine, alcuni avranno vinto, gli altri no. Questo avviene per tutti i campionati, da quelli giovanili alla serie A.
Allo stesso tempo l'arbitro, quasi sempre da solo, viaggia verso lo stadio. Deve di arrivare in tempo, almeno un'ora prima dell'inizio, perché senza arbitro non si può giocare. Per non rischiare, utilizza il penultimo mezzo di trasporto utile, dalla bicicletta all'aereo.
In un anno in Italia si disputano 450.000 partite, ogni volta un arbitro ne fischia l'inizio.
Chiunque sia e qualunque cosa faccia nella vita, una volta indossata la divisa per tutti sarà solamente "l'arbitro". Scenderà in campo, sapendo che tutti saranno d'accordo solo su una cosa: che sta sbagliando. Urla, insulti, minacce che spesso non rimangono solo parole ma diventano fatti, violenze fisiche. Calci, schiaffi, sputi sono presenti tutte le settimane in alcuni dei referti stilati dopo le partite; a volte le aggressioni sono più gravi.
Tendere all'uniformità, affinché una situazione venga giudicata da tutti allo stesso modo. Addestrarsi a decidere in una frazione di secondo, eliminando il tempo del ragionamento: si vede, si fischia. Essere sempre nella posizione migliore per vedere cosa sta accadendo, muoversi in campo seguendo traiettorie già tracciate, osservare quello che succede, mentre gli altri giocano. Intervenire, fermare il gioco. È in questi momenti, quando non si può continuare a giocare, che si avverte la presenza dell'arbitro.
Allenarsi a guardare, visionando centinaia di situazioni simili raccolte su videocassetta: i falli, le sanzioni disciplinari, i casi impossibili. Fermare l'immagine e discutere, sapendo però che in campo il gioco continua veloce, sempre più veloce.
Annullarsi per non intralciare le squadre, per essere giudice al di sopra delle parti. Non essere protagonisti della partita, fare tutto il possibile affinché la gara si svolga secondo le regole del calcio. Essere pronti quando serve, in ogni momento. Sacrificare la propria attività professionale, la propria vita affettiva. Tempo da dedicare all'arbitraggio, tempo non remunerato perché solo in serie A e B si guadagna, ma fino a quel momento sono semplici rimborsi spese, sono poche decine di migliaia di lire, sono trasferte lunghe, viaggi in solitudine, alberghi di periferia, insulti, polemiche, botte. Finita la partita è l'unica persona che non ha né vinto né perso. Lascia lo stadio per ultimo, dopo aver finito le pratiche, dopo aver ascoltato il giudizio dell'osservatore. Se ne va, da solo, come lo è stato in campo tra i giocatori, tra il pubblico; se ne va, portando con sé la speranza di poter essere giudice incontestabile, solo al comando, per un'altra partita ancora. Arbitro.