Sinossi *:
Diyarbakir, l'antica Amidia, cittą nera come veniva chiamata per il colore nero del basalto di cui sono fatte le sue mura, č considerata la capitale del Kurdistan turco, una metropoli di oltre un milione di persone. Dietro le possenti mura, seconde per lunghezza solo alla Grande Muraglia, ecco una nuova ma in veritą antichissima geografia della povertą e della speranza, dei mestieri e della preghiera, dell'infanzia e della desolazione, ma anche della bellezza. La vita scorre tra i resti di antichissimo passato che rimanda alle origini del mondo e le rovine di case bruciate, distrutte, appartenenti al popolo di Diyarbakir, colpevole di essere kurdo e parte integrante della lotta per l'indipendenza del Kurdistan.
In estate, durante il Ramadan, la vita delle persone viene come sconvolta dal calore del sole, dalla stanchezza e dalla sete. Una sete atavica, difficilmente placabile durante il giorno, un tempo lungo, lunghissimo che trascorre attraverso le voci e i giochi dei bambini, i silenzi delle moschee dove la gente si reca per pregare ma anche per dormire, i rumori e i gesti metodici e precisi degli artigiani delle corporazioni, bambini e uomini insieme, uniti nell'insostituibile fatica quotidiana. Non siamo lontani dallo stupore che il poeta e regista Pier Paolo Pasolini provņ di fronte ai popoli di Palestina e dello Yemen, che ancora recano i segni di un'antica grazia e bellezza.



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