Sinossi *:
Una singola lacrima è la nota della nostra arte” [Donne che viaggiano sole]

Cos’è il viaggio? Nel documentario Tempo di viaggio, Andrej Tarkovskij afferma che “c’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore. Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così come non credo che si viaggi per tornare. L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato”. Ed è proprio ciò che accade in “Donne che viaggiano sole”. Scritto, diretto e montato da Giulio Pereno, il film propone il tema del viaggio come spazio sì fisico e letterale, ma anche come lasso di tempo introspettivo, metaforico e fantasioso. Prodotto in Italia e in Germania e girato tra Torino, Bologna, Berlino, Brighton, Parigi e Bruxelles, “Donne che viaggiano sole” ha un punto di vista esclusivamente femminile. Attraverso l’espediente dell’intervista, diciassette donne provenienti da Paesi diversi (Italia, Repubblica Ceca, Francia, Belgio, Cina, Germania, Svizzera, Repubblica di San Marino, Irlanda, Regno Unito, Galles, USA) si lasciano andare davanti all’obiettivo, condividendo i racconti relativi ai loro viaggi e le esperienze fisiche ed emotive correlate: da una città all’altra e attraversando culture diverse, il viaggio alimenta la curiositas - tra gioia e dolori - favorendo la crescita personale, fatta di indipendenza e di sete di libertà in tutte le sue declinazioni possibili. Ogni intervista è preceduta da un monologo interpretato dall’attrice Dariya Trubina. Ma come nasce l’idea del monologo? “Nasce a Torino, in una piccola stanza bianca dove ho trascorso alcuni mesi. Scrissi sei monologhi rivolti a mia madre (nel film ne appaiono soltanto cinque per motivi tecnici) e ognuno di questi avevo immaginato avvenisse in una stanza diversa della casa” dichiara Giulio Pereno. Dunque, attraverso la figura di Dariya, il regista si denuda e lo fa aprendo un’indagine su se stesso che coinvolge - e avvolge - lo spettatore nel viaggio all’interno della sua anima. In “Donne che viaggiano sole” riveste un ruolo di non secondaria importanza l’aspetto cromatico: il verde, il rosso, il blu, l’arancione, aumentano la nostra percezione visiva e si muovono secondo la regola degli opposti, teoria che si esplica in più aspetti del film. Come ad esempio durante un brillante, ironico, surreale e divertente dialogo che avviene in treno tra due marionette scritto da Gaia Campesato. (A Gaia, inoltre, si devono attribuire tre delle interviste girate a Brighton, la revisione della sceneggiatura e l’aiuto regia in alcune scene del film). Anche la struttura stessa del film si basa sulla regola degli opposti e precisamente trova l’ispirazione nella Forma Sonata, uno schema utilizzato nella musica classica: “la mia idea fu di utilizzare per il mio film la forma musicale sonata e di attribuire al tema A la trama cinematografica con l’attrice, al tema B la trama documentaristica con le donne intervistate. Ecco quindi spiegata la struttura del film e il perché dell’uso della parola ‘movimenti’ (ne troviamo tre: Parole, Suoni, Immagini, n.d.r.)” ha precisato il regista. “Donne che viaggiano sole” è un’indagine volta ad esplorare i confini fisici e tangibili, ma anche un viaggio dentro se stessi, un film che può prestarsi a più chiavi di lettura. Le musiche sono state composte da Massimiliano Alfì. È dedicato a Selina, la madre del regista.



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